Viviamo in un vuoto gigantesco? La nuova teoria volta a risolvere l’enigma dell’espansione dell’Universo

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NGC 6397, un brillante ammasso globulare nella costellazione dell'Altare
@NASA/ESA - Wikimedia Commons

La cosmologia contemporanea si confronta con uno dei suoi più grandi enigmi: la velocità di espansione dell’universo. Immaginate l’universo come un grande puzzle. Una delle principali teorie che cerca di spiegare questo puzzle è il modello standard della cosmologia, noto come Lambda-cold dark matter (ΛCDM), che si basa su osservazioni dettagliate della luce residua dal Big Bang, definita sfondo cosmico a microonde (CMB).

L’universo in espansione causa l’allontanamento reciproco delle galassie. La velocità di allontanamento di una galassia da noi aumenta proporzionalmente alla sua distanza, un fenomeno descritto dalla costante di Hubble. Per ogni megaparsec di distanza, una galassia si allontana da noi a una velocità di circa 70 km al secondo, equivalente a un incremento di circa 50.000 miglia all’ora per ogni milione di anni luce di distanza. In parole più semplici, l’universo è come un palloncino che si gonfia: le galassie, incollate sulla sua superficie, si allontanano l’una dall’altra man mano che l’universo si espande. La “costante di Hubble” è un po’ come il metro che usiamo per misurare quanto velocemente si allontanano queste galassie. Più sono lontane, più veloce è la loro “fuga”.

Qui nasce il mistero: quando misuriamo questa velocità di fuga usando metodi diversi, otteniamo risultati contraddittori. Se guardiamo le galassie vicine e le supernove (stelle che esplodono), sembra che l’universo si espanda più velocemente di quanto ci dica il CMB. Questo è il dilemma noto come “tensione di Hubble”.

La teoria del vuoto cosmico

Un recente studio pubblicato sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society suggerisce una spiegazione intrigante: potremmo vivere in una sorta di grande vuoto cosmico, una regione dello Spazio meno densa della media. Questo vuoto potrebbe influenzare le misurazioni locali, causando un apparente incremento del tasso di espansione a causa di un maggior flusso di materia verso l’esterno.

Il team di ricerca ha esplorato un’ipotesi alternativa, la Modified Newtonian Dynamics (MOND), una teoria che suggerisce che le anomalie nelle velocità di rotazione delle galassie possono essere spiegate da una modifica delle leggi di Newton in condizioni di debole attrazione gravitazionale. Secondo MOND, l’espansione cosmica avverrebbe in modo simile al modello standard, ma con una crescita più rapida delle strutture, come gli ammassi di galassie. In pratica, forse le leggi della gravità, come le conosciamo, non funzionano allo stesso modo in condizioni estreme, come nei confini esterni delle galassie.

Recenti osservazioni sul flusso di massa delle galassie, che misura la velocità media della materia in una determinata sfera, hanno rivelato risultati inaspettati. Su scale di un miliardo di anni luce, il flusso di massa risulta quattro volte superiore a quello previsto dal modello standard, una discrepanza significativa. Questo ci fa pensare che forse non abbiamo ancora capito bene come funziona l’universo su larga scala.

I risultati di questi studi sollevano dubbi sulla validità del modello standard. Alcuni ricercatori ritengono che misurazioni più accurate possano risolvere la tensione di Hubble, mentre altri suggeriscono che il tasso di espansione locale misurato potrebbe essere effettivamente quello corretto. Tuttavia, ciò implicherebbe una revisione della storia dell’espansione nell’universo primordiale.

Queste osservazioni indicano la possibile necessità di estendere o modificare la teoria della gravità di Einstein, la relatività generale, specialmente su scale superiori al milione di anni luce. La comprensione attuale della gravità su queste vaste scale rimane incompleta, e gli attuali modelli cosmologici affrontano tensioni significative.