Da dove proviene l’antimateria? E quanta ne contiene l’universo? Tanta, troppa e la sua origine è un mistero difficile da comprendere. Lo strumento Ams, a bordo della Stazione spaziale internazionale dal 2011, sta misurando con altissima precisione il flusso dei vari tipi di raggi cosmici nello spazio.
Due diversi studi, basati sui dati finora raccolti, hanno scoperto che la quantità di antimateria individuata è molta di più rispetto a quella generata nell’urto tra le particelle che compongono la radiazione cosmica e le polveri interstellari.
Ciò significa che deve avere anche un’altra origine, non soltanto legata alla radiazione cosmica. “Un punto importante da affrontare per l’interpretazione di questo risultato è se questo aumento della frazione di positroni sia dovuto a una sorgente aggiuntiva di positroni o a una “sparizione” di elettroni,” spiegano gli scienziati.
Oltre all’eccesso di positroni, il secondo risultato che l’esperimento Ams (a cui partecipa anche l’Italia con l’Asi e l’Infn) ha portato alla luce riguarda lo studio del flusso separato di elettroni e positroni cioé la misura del numero di queste particelle che arriva nella parte più alta dell’atmosfera terrestre nell’unità di tempo. I risultati indicano che non ci sono brusche variazioni nello spettro dei flussi di elettroni, confermando quindi che l’andamento con l’energia della componente dei positroni richiede la presenza di nuovi fenomeni per la loro produzione.
Risultati importanti per tracciare un identikit delle possibili sorgenti di antimateria e per comprendere il ruolo della materia oscura, le cui collisioni producono antimateria.
“L’Universo è il laboratorio per eccellenza, dove materia ed energia coesistono – ha commentato il presidente dell’Asi, Roberto Battiston – in condizioni che spesso non possono essere riprodotte sulla Terra. Le misure di AMS-02 sono un indizio dell’esistenza di nuovi fenomeni fisici, la cui natura deve essere ulteriormente chiarita”.