Ingv: ecco perché il terremoto a Roma non ci sarà

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Se non siete ancora pienamente convinti della teoria di Bendandi sul possibile legame tra l’allineamento dei pianeti e i terremoti, la sede dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma apre le porte al pubblico di tutte le età per un Open Day di informazione scientifica. La giornata del presunto terremoto romano, l’11 maggio 2011, cioè domani, sarà dunque il punto di unione tra supposizione e divulgazione scientifica. Ma intanto ieri, l’Ingv ha tenuto una conferenza stampa per spiegare quanto di vero ci sia dietro gli studi del sismologo di Faenza. E noi di NextMe.it ci siamo andati.

Per il terremoto di Roma si può parlare di ‘non previsione’ perché, sebbene attribuita a Bendandi, non compare in nessuno dei suoi appunti”. A parlare è Alessandro Amato, dirigente di Ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. “Il dibattito nato attorno alla figura di Bendandi tiene viva l’attenzione sull’eventuale possibilità di prevedere i terremoti, sebbene in ogni epoca ci sia stato qualcuno, come predicatori o astronomi, che hanno previsto un evento catastrofico”.

Ma pare sia certo, almeno a livello scientifico, che a Roma non possano verificarsi terremoti distruttivi. Perché? Le zone italiane ad alto rischio sismico sono quelle che corrono lungo tutta la spina dorsale appenninica, da nord a sud. Sono aree dove si accumula l’energia che poi viene rilasciata in occasione di un terremoto. Roma rimane al margine di queste zone e ne risente solo di riflesso, con piccoli movimenti che si aggirano intorno ai 2° della scala Richter, come si verificò il 12 maggio 2009 quando si pensò che il terremoto de L’Aquila stesse per investire anche la capitale. Si trattò semplicemente di un movimento sismico superficiale, localizzato sotto la Città del Vaticano, ad una profondità di alcuni chilometri. Fu avvertito dalla popolazione proprio per la sua estrema superficialità e per il fatto che la zona è altamente abitata.

Effettivamente, a Roma, la storia ricorda alcuni forti terremoti, come quello del 1915, del 7° grado Richter che comunque causò danni contenuti. O quello del 500 d. C. che, danneggiando fortemente il Colosseo, contribuì a scolpire la fisionomia di uno dei movimenti più noti al mondo. Resta comunque il fatto che la capitale non è una città ad alta pericolosità. Per questo motivo, la teoria di Bendandi può essere definita una ‘non previsione’, non solo perché nei suoi appunti non compare l’11 maggio come data ipotizzata per un rischio sismico, ma perché non ci sono elementi scientifici a supporto di questa presunta previsione.

Spiega Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Ingv, che “l’impatto dei terremoti in Italia è più vicino a quello dei paesi in via di sviluppo se ci si basa sul rapporto tra vittime e popolazione esposta al pericolo”. La riflessione giunge allorché ci si interroga sul cosa si potrebbe fare per difendersi dai sismi. “Il costo dei terremoti negli ultimi 40 anni”, continua Selvaggi, “ammonta attorno ad un miliardo di euro in un anno per la sola prevenzione sismica”. Le cause di questa trascuratezza sono da ricercare in quei fattori culturali e nella scarsa sensibilità che portano ad occuparsi della minaccia sismica solo nel momento in cui si è già verificata la tragedia.

Errate ristrutturazioni e diffusa illegalità sono tra le minacce più preoccupanti con le quali il nostro paese si trova a combattere. Povertà, corruzione e ignoranza fanno il resto. Purtroppo, non è la magnitudo a stabilire il numero di vittime, ma è il denaro che si investe nella prevenzione. Si pensi ad un paese come il Giappone che, nonostante le perdite del terremoto dell’11 marzo, è riuscito ugualmente a sottrarre alla morte gran parte della popolazione grazie anche a quella educazione che parte dalle scuole, non solo dalle costruzioni adeguatamente progettate per fare fronte ad un terremoto.

Resta il dato concreto che spiegare al pubblico il problema dei terremoti sia molto difficile. Come complicato è fare informazione. Ecco il motivo per cui nasce l’Open Day dell’11 maggio. Ancora secondo Selvaggi, ad avere un ruolo rilevante in questo compito è “la stampa, ma occorre farlo nel momento in cui non si è verificato alcun sisma. Bisogna parlarne anche quando l’evento non è accaduto. È questo il modo adeguato di fare prevenzione”. E le speranze dell’Ingv vengono riposte anche nelle nuove generazioni; ecco perché l’istituto di sismologia è aperto alle visite scolastiche: per sensibilizzare chi, da grande, potrebbe far qualcosa per prevenire le vittime dal rischio sismico.

Giuseppe Mercalli affermò: “La sismicità non sa dire quando, ma sa dire dove avverranno terremoti rovinosi e sa pure graduare la sismicità delle diverse provincie italiane”. Basterebbe fare tesoro di queste semplici parole per costruire il futuro prima che venga distrutto.

E se qualche scettico ritiene ancora che domani Roma sarà distrutta da un terremoto, l’appuntamento è all’Ingv dove, dalle 10 alle 20, sarà possibile incontrare gli esperti perché, come recita il motto dell’iniziativa ‘Conoscere e prevenire aiuta ad avere meno paura’. Domani sarà dunque possibile seguire le visite guidate nella sala di monitoraggio sismico e nella varie sale dove sono esposti i plastici e i tabelloni che informano in tempo reale sui movimenti terrestri. Per chi non avesse la possibilità di recarsi a Roma, sarà possibile seguire l’evento su Youtube, dove ogni ora saranno comunicati in diretta i dati sulla sismicità del giorno.