Apple esige uno standard di qualità migliore per il suo iPhone 5, e lo stabilimento cinese della Foxconn va in rivolta. Sciopero: questa la parola pronunciata dagli operai, in un paese dove questa forma di protesta non è affatto un diritto. A dare l’annuncio il China Labor Watch, l’organizzazione che nel grande paese asiatico conduce una serie di valutazioni approfondite sulle fabbriche allo scopo di migliorare le condizioni dei lavoratori.
Notizie sull’assurda situazione dei dipendenti cinesi della Foxconn ormai circolavano da tempo, ma in quella porzione di mondo sembra proprio che non ci siano diritti, nemmeno quello di scioperare. Per questo, in barba ai diritti acquisiti per legge, i lavoratori hanno incrociato le braccia proclamando autonomamente uno stop.
Alle h 13:00 (ora di Pechino) del 5 Ottobre, infatti, gli operai dello stabilimento di Zhengzhou della Foxconn, dai 3 mila ai 4 mila secondo i lavoratori stessi, quasi tutti del controllo di qualità, hanno interrotto le loro mansioni, bloccando la produzione dell’iPhone 5. Una data non a caso: i giorni dal 1 all’8 Ottobre, infatti, in Cina sono festività nazionali, e l’azienda aveva non solo chiesto di lavorare, ma anche di fornire degli standard di qualità troppo alti per addetti alla produzione non adeguatamente formati. Un po’ troppo, anche per gli infaticabili cinesi.
Le tensioni nello stabilimento a quanto sembra erano veramente ormai ai massimi livelli (incidenti sulla linea di produzione, lavoratori che picchiavano gli ispettori di controllo a causa di pressioni insostenibili). La dirigenza, allertata, non ha fatto assolutamente nulla per capire, e la base è scoppiata in rivolta.
Al secondo giorno di sciopero, però, la fabbrica ha annunciato che gli assenti dal lavoro sarebbero stati licenziati immediatamente, per cui la maggior parte di loro è tornato al lavoro, ma alcuni hanno lasciato la fabbrica.
Cosa possa portare una ribellione del genere, mai vista in Cina, non è prevedibile, ma di certo si è creato un precedente su cui riflettere. Che la globalizzazione porti anche ad una globalizzazione dei diritti?
La Foxconn nega tutto.
Roberta De Carolis