La versatilità e le potenzialità del cristallo di diamante sono note da molto tempo, tuttavia negli ultimi anni gli studi si sono intensificati, grazie alla relativa facilità nella fabbricazione di campioni artificiali. Il diamante è costituito da atomi di carbonio ed ha spiccate caratteristiche fisiche come l’estrema durezza, un elevato indice di dispersione ottica, conducibilità termica e un punto di fusione a circa 3.546 gradi centigradi, oltre alla capacità di trasmettere la luce senza assorbirla e, al contrario, di assorbire i raggi ultravioletti, X e Gamma.
Utilizzato come sensore, può rilevare con grande precisione la presenza di radiazioni ultraviolette, che si possono quindi controllare e monitorare. A parte naturalmente il comune uso come pietra preziosa, è utilizzato nella strumentazione, nell’elettronica, nei microprocessori e in campo industriale; in campo medico trova applicazione per la sterilizzazione dei dispositivi chirurgici o anche in oculistica per il controllo di raggi laser.
Alcune potenzialità, prima sconosciute, sono oggi studiate grazie alle nanotecnologie e alla possibilità di produrre diamanti sempre più rispondenti alle esigenze della ricerca scientifica.
Presso il Dipartimento di Fisica dell’Università australiana di Macquarie, il gruppo di ricerca diretto dal professor James Rabeau, è impegnato nella sperimentazione delle ultime frontiere della nanotecnologia applicata, proprio in riferimento ai cristalli di diamanti fabbricati industrialmente.
Lo studio in campo nanometrico, associato alle moderne tecniche di spettroscopia e di risonanza magnetica, rende possibile l’analisi e la comprensione delle proprietà ottiche e di misurazione di questi materiali, a un livello di dimensione dell’ordine di alcuni milionesimi di millimetro.
Ad interessare in modo particolare gli scienziati, non sono le caratteristiche di purezza del cristallo, ma al contrario, le impurità che risiedono nel corpo del diamante, dovute comunemente alla presenza di particelle di nichel, azoto, silicio o cromo, denominate centri di colore.
Gli studi si sono focalizzati sui difetti di purezza del minerale di carbonio di cui sono costituiti, difetti generati in seguito alla creazione di una vacanza anionica che viene colmata da uno o da più elettroni. In altre parole, la mancanza di un atomo o di una molecola all’interno del cristallo crea uno spazio nel quale subentrano gli elettroni che assorbono o emettono luce, rendendo il diamante colorato in corrispondenza della localizzazione di tali 'impurità'.
L’implementazione di tali conoscenze, sta trovando, in campo sperimentale, alcune applicazioni che secondo James Rabeau, potrebbero risultare decisive in vari comparti, anche se molte di esse sono in una fase potenziale. Ad esempio, la possibilità di compiere misurazioni di questo tipo, ha una ricaduta estremamente interessante nel campo della biologia cellulare e nello studio dei processi biologici.
Nel campo della biotecnologia, in particolare, esistono da tempo tecniche di indagine per lo studio delle cellule, mediante l’utilizzazione di molecole con proprietà fluorescenti, chiamate fluorofori; tuttavia la tossicità di queste molecole pone molti limiti, colmabili, appunto, con le nanotecnologie applicate ai diamanti.
Un altro importante settore d’analisi si è aperto in seguito all’utilizzazione delle moderne tecniche di risonanza magnetica, contestualmente alla misurazione della fluorescenza, la quale varia al variare del campo magnetico stesso. Il tentativo che si sta sperimentando è quello di comprendere e dimostrare la possibilità di misurare la sensibilità a livello atomico, fino a studiare il singolo elettrone. Si tratta per il momento di indagini pionieristiche, perché esistono ancora limiti nella separazione fra il centro di colore e il cristallo che lo ospita, in considerazione delle loro dimensioni di scala nanometrica.
Utilizzando la risonanza magnetica associata a segnali ottici, ci sarebbe, secondo Rabeau, anche la possibilità di ottenere misurazioni nel calcolo quantistico; tali sperimentazioni sono però ancora allo stato embrionale, perché la tecnologia non è attualmente in grado di produrre cristalli qualitativamente adatti e di dimensioni così ridotte.
Pasquale Veltri