I computer del futuro? Funzioneranno con la luce. Presso il laboratori del Cnr è nato un micro laboratorio quantistico che usa i fotoni per trasmettere i dati. È solo un piccolo chip di vetro di pochi centimetri ma al tempo stesso è il più piccolo laboratorio in grado di simulare fenomeni fisici quantistici complessi.
Il chip è frutto della collaborazione tra i ricercatori del dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma, dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifn-Cnr) e del Politecnico di Milano. Il dispositivo creato dai ricercatori utilizza i fotoni, cioè la luce, per trasmettere i dati.
Ma come funziona? I ricercatori hanno disegnato, grazie alla tecnica di scrittura mediante laser a impulsi ultrabrevi, un vero e proprio circuito ottico all’interno di un chip in vetro. Grazie a tale tecnologia sarà possibile realizzare dei microprocessori fotonici con un elevato grado di integrazione e con architetture tridimensionali innovative. Questo perché i fotoni che si propagano attraverso tali circuiti creano delle molteplici interconnessioni, riuscendo anche a simulare e prevedere il comportamento di sistemi fisici molto pcomplessi.
Per simulare il comportamento di vari tipi di particelle, i ricercatori hanno ‘costretto’ i fotoni a comportarsi sia come bosoni (la classe a cui appartengono i fotoni) sia come fermioni (la classe di elettroni, protoni, neutroni). “Questo esperimento ci dà la possibilità di comprendere il vero significato e il potenziale di un simulatore quantistico”, commenta Paolo Mataloni del dipartimento di Fisica della Sapienza. “Non un vero computer quantistico, in grado di risolvere qualsiasi tipo di calcolo, per la cui realizzazione la strada è ancora lunga, ma piuttosto un sistema dedicato alla soluzione di problemi specifici legati a fenomeni fisici particolari, in accordo con l’intuizione del premio Nobel Richard Feynmann secondo la quale solo un sistema quantistico può simulare il comportamento di un altro sistema quantistico”.
Attraverso un secondo esperimento, poi, all'interno di un dispositivo detto tritter, tre fotoni identici hanno realizzato la cosiddetta ‘coalescenza bosonica’, un fenomeno quantistico che si verifica quando due o più fotoni indipendenti interferiscono e scelgono la stessa porta in uscita dal dispositivo, come spiega il Cnr: “Il tritter potrebbe diventare il mattone elementare di complesse architetture di elementi ottici, vere e proprie reti di interferometri che si sviluppano sulle tre dimensioni dello spazio, finalizzate alla simulazione di fenomeni quantistici ancora più complessi”, ha aggiunto Fabio Sciarrino, ricercatore presso il dipartimento di Fisica della Sapienza.
Quello appena creato potrebbe rappresentare dunque un nuovo passo verso il processore del futuro, con capacità e velocità di calcolo attualmente impossibili per i computer classici.
Gli studi sono stati pubblicati sulle riviste Nature Communications e Nature Photonics.
Francesca Mancuso
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