Lingue: impararne una da adulti e' quasi impossibile

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È ormai evidente: il popolo italico, con le lingue straniere, non se la cava tanto bene. Se ad impararne una diversa dalla propria lingua madre lo si fa da adulti, le cose si complicano. E se a confermarlo è addirittura uno studio, è meglio farcene una ragione. Anche perché il problema, se così vogliamo definirlo, sembrerebbe congenito e riconducibile al nostro cervello che, con il tempo, proprio non ne vuole sapere di assimilare nuovi suoni.

Il nuovo studio mostra che i fonemi vocalici di una seconda lingua, in età adulta, non vengono assimilati. Le prove comportamentali e neurali della ricerca sono state messe in evidenza dai ricercatori della Aalto University, in Finlandia, e della italiana Università del Salento. In pratica, questo studio ed altri precedenti supportano l'ipotesi che gli studenti alle prese con lo studio di una lingua straniera dovrebbero beneficiare del supporto di insegnanti madrelingua ed utilizzare la seconda lingua per raggiungere gli obiettivi funzionali e comunicativi, oltre a ricevere una formazione intensiva (mediante l'uso di sistemi multimediali) nella percezione e nella produzione di suoni diversi al fine di riattivare la neuroplasticità della corteccia uditiva.

Pare, infatti, che con l'età adulta, il nostro cervello tenda a perdere l'attitudine ad assorbire nuove informazioni, soprattutto suoni. Il che rende doppiamente difficile saper riconoscere e riprodurre parole che non fanno parte del nostro vocabolario.

Nello studio, due campioni di studenti italiani, di diverso grado di formazione scolastica ma tutti coinvolti nell'apprendimento della lingua inglese, sono stati sottoposti ad un esame comportamentale e di elettroencefalografia. "Quando sentiamo suoni linguistici che fanno parte della nostra lingua nativa, in pochi millisecondi il cervello è in grado di decifrare il segnale acustico, estrarre le caratteristiche peculiari di ogni suono e produrre una sua rappresentazione mentale: così siamo in grado di distinguere un suono da un altro e assemblare prima le sillabe, poi le parole e così via", spiega la dottoressa Elvira Brattico, autrice dello studio.

Quel che si è riscontrato grazie ai test è stata una diversa abilità degli studenti più grandi ad acquisire nuove competenze linguistiche. I dati neurofisiologici ottenuti dimostrano, dunque, che la quantità e la qualità degli stimoli ricevuti dagli studenti universitari non sono sufficienti a formare tracce a lungo termine dei suoni della lingua straniera nella corteccia uditiva. "A prescindere dal livello di studio, la corteccia si limita ad assimilare i suoni stranieri ai fonemi della lingua nativa, invece di distinguerli come nuovi”, spiegano i ricercatori. “Dunque, possiamo concludere che lo studio prolungato di una lingua straniera in età adulta nel contesto scolastico non produce nessun miglioramento rispetto alla capacità di discriminazione fonetica".

Aspetto che, al contrario, risulta completamente diverso nei ragazzi delle medie e dei primi anni di liceo, più idonei a percepire nuovi suoni. Questa ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience, non fa che confermare quanto sostenevano studi precedenti. È fondamentale, infatti, studiare una lingua da bambini poiché risulta più semplice, anche da un punto di vista didattico.

Un altro motivo in più per sorridere dei nostri buffi sforzi di parlare inglese!

Federica Vitale

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