Il futuro della fattoria biologica è nei robot?

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Cuoca, organizzatrice di comunità, grande buongustaia, Lady Rogue gestisce una comunità indipendente dedita alla diffusione di alimenti biologici ad Atlanta, la Georgia Organics. Da laureata alla Georgia Tech University, ha la testa piena di idee, tra cui un recente, ambizioso progetto: growBot, il risultato di una combinazione tra robotica e agricoltura biologica. Ecco di che si tratta.

Chi pensa che si tratti solo di fantascienza è destinato ad essere smentito. growBot fa parte del Public Design Workshop, una serie di progetti di ricerca con sede proprio alla Georgia Tech.

Lady Rouge racconta al giornale Green UpGrader i dettagli di quello che definisce come un processo di ‘design fiction’”. Un esempio? Prima c’era Tom Cruise che in “Minority Report” azionava il proprio super-computer con la punta delle dita, ora c’è l’iPhone. La fantascienza ha ispirato gli scienziati, che hanno sfruttato quelle immagini per sviluppare una tecnologia realmente funzionante. “Il nostro lavoro – continua Lady Rogue – consiste quindi nel creare sessioni di ‘design fiction’ partecipate, in cui guidiamo il gruppo (in questo caso una comunità di produttori alimentari e agricoltori) nell’immaginare un robot”.

In altre parole è una sorta di “democratizzazione” del processo di creazione tecnologica: se un ingegnere, grazie ai propri studi, è in grado di stabilire che cosa sia possibile fare per mettere in pratica i propri progetti, interrogare un “profano” su quali siano le sue idee per raggiungere una data soluzione significa ottenere un punto di vista completamente diverso, che spesso si rivela essere davvero incentivante. Nella fattispecie, stimolare un agricoltore a immaginare soluzioni per migliorare la propria area di competenza, può portare a grandi risultati.

Il ruolo di Lady Rogue e del suo staff è di guidare questo processo, documentarne i risultati, veicolarli agli ingegneri. “Il nostro lavoro è rendere possibile il dialogo tra ingegneri e ‘immaginatori’”. Sembrerebbe trattarsi di un lavoro astratto, di certo è un passo avanti verso e giuste definizioni: “Credo che il termine “tecnologia” – spiega Lady Rogue – venga frequentemente confuso con “industrializzazione”, dimenticando che anche i trattori e le falciatrici sono tecnologia”. Sono strumenti che aiutano la produzione di una filiera agricola biologica, che per definizione si oppone a quella industriale. growBot non è che un ulteriore tentativo di rafforzare la diffusione della produzione biologica grazie all’incremento di soluzioni tecnologiche, per “creare una produzione agile che sia una valida alternativa a un futuro totalmente industriale”.

A chi le chiede anticipazioni su qualcuna delle idee derivate dal progetto di “guided design fiction”, Lady Rogue parla di fattorie all’avanguardia, equipaggiate con pannelli solari e riscaldate attraverso pile di compostaggio, sensori che costantemente rivelano il livello di pH delle piante, piccoli robot costruiti con elementi di scarto tramite il cui ausilio un singolo agricoltore è in grado di produrre abbastanza cibo da nutrire un intero quartiere. Una tecnologia già esistente, a sentire Lady Rogue, se solo si è in grado di costruire la rete di conoscenze e di interscambio di informazioni e materiali necessaria a realizzarla.

“Abbiamo in programma di realizzare una serie di materiali frutto proprio del lavoro di immaginazione degli agricoltori e dei coltivatori che stanno partecipando al progetto. Di certo – assicura Lady Rogue – metteremo su un sito web e dei video dimostrativi, per ora è online un blog. Produrremo del materiale informativo utile e tenteremo di coinvolgere più gente possibile organizzando eventi di scambio e divulgazione: occorre sfruttare la comunicazione sociale e mediatica per mantenere e far fiorire i contatti”.

Il growBot Symposium comincerà questa primavera, cominciando con il far incontrare gli agricoltori e i produttori indipendenti per un brainstorming, passando poi al contatto con gli ingegneri, finendo per stabilire un vero e proprio dialogo. Per chi è in cerca di informazioni e vuole approfondire il tema, il growBot Project è già su Twitter, Facebook e Tumblr.

Sergio Lo Gatto

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