Internet cambia e così anche le regole del copyright: il Parlamento europeo ha approvato lo scorso 12 settembre la proposta di riforma ampiamente discussa e rimodulata dopo una precedente bocciatura registrata a luglio. Il testo ora passa ai negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue che cominceranno nelle prossime settimane. Successivamente gli Stati membri dovranno decidere come attuarla.
Diversi i cambiamenti, alcuni dei quali molto dibattuti. In particolare gli articoli 11 e 13 hanno suscitato molte polemiche: su diversi fronte si grida infatti alla censura o comunque ad un peggioramento della “qualità della vita” di piccoli autori del digitale, che potrebbero trovarsi schiacciati da giganti come Google o Facebook.
Ma cosa cambierà davvero se la riforma diventerà veramente legge? La vera “rivoluzione”, ma anche quella più contestata, è nell’obbligo al compenso per gli autori di contenuti con copyright da parte di chiunque pubblichi testi o parte di essi su altre piattaforme, come, appunto, i giganti Google e Facebook.
Cosa buona? Sicuramente per i piccoli editori (nonché per i singoli autori) ci potrebbero essere delle entrate in più, ma avranno loro la forza economica di fare altrettanto?
Ecco qui di seguito tutte le novità del testo approvato lo scorso 12 settembre.
Diritti d’autore sì (anche agli autori dei contenuti), ma non per gli hyperlink
Riportare testi coperti da copyright o parte di essi (come nel caso degli “snipper”) implica un compenso che non andrà corrisposto solo alla casa editrice, ma anche al giornalista o blogger autore (articolo 11), il quale può anche rinegoziare in fase successiva tale compenso. Tuttavia l’introduzione in un articolo di un hyperlink che rimanda direttamente ad un altro resta libera.
Enciclopedie online e PMI escluse dalla legislazione
La legislazione non riguarda però piattaforme non commerciali come Wikipedia e altre enciclopedie online, cosi come le piccole e medie imprese. Queste non saranno dunque considerate “prestatori di servizi di condivisione di contenuti online” se tali contenuti verranno caricati con l’autorizzazione di tutti i titolari dei diritti interessati. Per questi soggetti, dunque, nulla cambia.
Organismi di ricerca tutelati
Gli organismi di ricerca, a differenza di altri istituti, possono tutelare le opere anche vietando l’accesso alle banche dati, al fine di “garantire la sicurezza e l’integrità delle reti e delle banche dati in cui sono ospitate le opere o altro materiale”. In questo caso nulla è cambiato rispetto al contestatissimo testo bocciato a luglio.
Controllo sui contenuti caricati dagli utenti
Il famigerato articolo 13. Le piattaforme online sulle quali siamo abituati a caricare contenuti digitali dovranno sottoscrivere “equi e adeguati di licenza con i titolari dei diritti”, ma se questi non intendono farlo la piattaforme dovranno cooperare “in buona fede per garantire che non siano disponibili nei loro servizi opere o altro materiale protetti non autorizzati”.
Il che sembra implicare un controllo sui contenuti condivisi. La preoccupazione è tale che il 12 giugno 70 esperti e personalità del mondo del digitale avevano inviato una lettera di protesta al Presidente del Parlamento europeo, definendo la norma “un’imminente minaccia per il futuro di Internet”.
C’è da dire, però, che nel testo originario si parlava esplicitamente di “uso di tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti”, mentre in quello attuale di collaborazione in buona fede, che sembra smussare l’azione “dall’alto”.
Meccanismi rapidi di reclamo
Visto il controllo sui contenuti, tutte le piattaforme dovranno definire però procedure rapide per presentare ricorsi contro l’ingiusta eliminazione di un contenuto, e tali meccanismi dovranno essere gestiti dal personale della piattaforma e non da algoritmi.
Che sia giusta o meno (ammesso che sia approvata in questa forma) è chiaro che la direttiva cambierà profondamente il mondo del digitale e che quindi non si potrà restare indifferenti.
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Roberta De Carolis