In Italia, un gruppo di ricercatori capitanati da Giovanna Agrosì, professore di Mineralogia presso l’Università di Bari, ha portato alla luce una scoperta sensazionale. L’oggetto della loro ricerca è un meteorite estremamente raro, il terzo a livello mondiale ad ospitare un materiale considerato finora “impossibile” di derivazione extraterrestre. Questo materiale si compone di una lega inusuale di alluminio e rame, al cui interno è presente un quasicristallo di origine naturale. A differenziarsi dai cristalli convenzionali, il quasicristallo presenta una struttura aperiodica, simile ai mosaici arabi, con pattern che non trovano ripetizione.
Il meteorite non si presenta come un tipico corpo celeste, ma come una piccola sferula rinvenuta da un collezionista sul Monte Gariglione in Calabria, la cui superficie metallizzata ne ha suscitato la curiosità. Dopo essere stato inviato all’Università di Bari per l’analisi, la sua natura extraterrestre è stata confermata. Questo frammento è ora custodito presso il Museo di Scienze della Terra dell’ateneo barese.
Un’indagine complessa ha richiesto la collaborazione di specialisti del dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, tra cui Daniela Mele, Gioacchino Tempesta e Floriana Rizzo, nonché del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, rappresentato da Luca Bindi e Tiziano Catelani, e dell’Agenzia Spaziale Italiana, con Paola Manzari. Luca Bindi ha confermato l’esistenza del quasicristallo, un materiale precedentemente identificato in un altro meteorite e ora esposto nel museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. La scoperta del quasicristallo, avvenuta per la prima volta nel 1982 da Daniel Shechtman, poi premiato con il Nobel per la Chimica nel 2011, segna l’emergere di un nuovo tipo di materia precedentemente ignota sulla Terra.
I quasicristalli
Bindi, riflettendo sulla storia del quasicristallo, ricorda di aver dimostrato l’esistenza naturale di questo materiale quindici anni fa, con la scoperta del primo quasicristallo in un campione meteoritico conservato a Firenze. Questo nuovo ritrovamento in Calabria, distante migliaia di chilometri dal primo, amplia ulteriormente la comprensione di tali materiali.
Paola Manzari evidenzia l’importanza della ricerca, sottolineando come essa apra le porte a un universo ancora esplorato di fasi mineralogiche a scala nanometrica nei materiali extraterrestri, offrendo nuove prospettive sulle origini dei materiali primordiali e sui meccanismi di formazione del Sistema Solare. Anche Giuseppe Mastronuzzi, direttore del dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, ribadisce l’importanza della scoperta non solo per la mineralogia e le scienze planetarie, ma anche per la fisica e la chimica dello stato solido, confermando la possibilità che i quasicristalli si formino spontaneamente in natura e rimangano stabili per periodi geologici.