Dopo sessant’anni di grattacapi, finalmente una scoperta sensazionale: il mistero di come il vento solare, quella corrente supersonica di particelle cariche che scorrazzano nello spazio, riesca a mantenere la sua energia anche dopo aver abbandonato il Sole, ha trovato una risposta. La scienza esulta, ma è solo l’inizio di un’avventura che promette di cambiare tutto ciò che pensavamo di sapere sull’attività solare e su come questa influenzi la Terra.
Un colpo di fortuna che cambia tutto
Il 30 agosto 2024, la rivista Science ha pubblicato un articolo che segna una svolta: i venti solari più veloci sono alimentati da “switchback” magnetici, ossia torsioni gigantesche nel campo magnetico del Sole. Questi fenomeni, osservati per la prima volta grazie alle missioni Parker Solar Probe della NASA e Solar Orbiter, una collaborazione ESA-NASA, potrebbero spiegare come il vento solare ottenga l’energia necessaria per viaggiare a velocità supersoniche.
Yeimy Rivera, una delle menti dietro lo studio e ricercatrice presso lo Smithsonian Astrophysical Observatory, ha detto chiaramente:
Questa scoperta potrebbe risolvere uno dei misteri più rognosi dell’astrofisica.
Ma non è tutto: potrebbe anche dare indizi su come funzionano i venti stellari di altre stelle, con implicazioni che potrebbero persino riguardare la vita su altri pianeti.
Parker Solar Probe e Solar Orbiter: un tango spaziale
La Parker Solar Probe, in orbita dal 2018, è un vero e proprio guerriero del cosmo, lanciata in una missione suicida verso il Sole. Nel 2021, ha fatto la storia tuffandosi nell’atmosfera del Sole e scoprendo che gli switchback magnetici sono molto più comuni di quanto si pensasse. Ma allora mancavano ancora prove concrete per capire se questi fenomeni potessero davvero dare una spinta al vento solare.
Nel frattempo, la Solar Orbiter, più lontana e prudente, osservava da una distanza di sicurezza. Poi, a febbraio 2022, accade il miracolo: le due sonde si allineano e osservano lo stesso pezzo di vento solare a distanza di due giorni l’una dall’altra. La Parker Solar Probe, vicina al Sole, vede un plasma lento ma pieno di switchback. La Solar Orbiter, più lontana, rileva lo stesso vento solare, ma questa volta più veloce e con meno tracce di quegli switchback.
Cosa cambia per noi?
Questa scoperta potrebbe rivoluzionare tutto ciò che sappiamo sull’attività solare, ma non solo. Se davvero sono gli switchback magnetici a dare gas al vento solare, è probabile che lo stesso accada anche attorno ad altre stelle, con effetti a catena su interi sistemi planetari. E questo, di riflesso, potrebbe influire sulla possibilità di vita su quei pianeti.
Ma c’è di più: capire meglio il vento solare significa anche prevedere con più precisione le tempeste solari, quelle che possono mandare in tilt satelliti, reti elettriche e sistemi di comunicazione. Grazie alla collaborazione tra NASA ed ESA, il futuro della ricerca spaziale si prospetta più luminoso che mai.
Se questa teoria sarà confermata, non si tratterà solo di un successo scientifico, ma di una vera e propria svolta epocale per la nostra comprensione dell’universo.