Una strana roccia su Marte, fotografata da Opportunity. Un mistero su cui l'astrobiologo Rhawn Joseph vuole saperne di più. Per questo, ha citato in giudizio la Nasa e il suo amministratore, Charles Bolden, nel tentativo di costringere l'agenzia spaziale americana a dare un'occhiata più da vicino alla roccia.
Attraverso la petizione, depositata lunedì in California, Joseph ha chiesto alla Nasa di “fotografare attentamente, esaminare e indagare scientificamente un potenziale organismo biologico”. Ma per l'Agenzia si tratta solo di una roccia, anche se decisamente particolare.
“Abbiamo guardato con il nostro microscopio. Si tratta chiaramente di una roccia,” ha precisato il ricercatore principale del rover, Steve Squyres, durante un evento per il 10° anniversario dello sbarco di Opportunity su Marte.“Sembra che possa essersi capovolta a testa in giù”.
Ma Joseph sostiene che l'oggetto sia simile ad un fungo, ad un apotecio. Ad incuriosirlo è stato inoltre il fatto che la roccia era presente “prima” che la foto venisse rilasciata dalla Nasa. Per dare conferma a quanto detto, ha pubblicato su Cosmology.com una versione ingrandita della foto, mostrando che l'oggetto è parzialmente visibile.
Perché l'astrobiologo è così certo della sua tesi? Ecco la sua spiegazione: “I pori sono stati esposti all'umidità a causa di mutate condizioni atmosferiche su Marte. Nel corso dei prossimi 12 giorni queste spore sono cresciute e si sono sviluppate nella struttura raffigurate... L' evidenza è coerente con l'attività biologica e suggerisce che potrebbe essere stata scoperta la Vita su Marte. Tuttavia, in assenza di umidità, campioni biologici come l'apotecio si asciugano, diventano fragili e si rompono e questa sembra essere la condizione della struttura raffigurata.”
Ma la Nasa non ne è altrettanto convinta. Il portavoce Allard Beutel ha detto all'Huffington Post che gli scienziati dell'agenzia stanno continuando ad analizzare la roccia. “Trovare la prova di vita su mondi diversi della Terra è ovviamente un obiettivo importante per la NASA. Ma deve essere la prova definitiva”.
Francesca Mancuso
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