Nuvole di acqua ghiacciata, dune di sabbia ed elementi probabilmente giunti sul pianeta Marte grazie alle passate collisioni con i meteoriti. Senza ombra di dubbio, il pianeta rosso non finisce di stupire e di costituire una preziosa fonte di informazioni riguardo il suo passato, la genealogia dell'universo. E, non da ultimo, lo stesso passato del nostro pianeta.
In attesa di poter inviare il primo uomo su Marte, il rover Curiosity ed il Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa sono gli “inviati speciali” provenienti dalla Terra. Ed è grazie a quest'ultimo che, proprio di recente, i ricercatori sono riusciti a rilevare l'andamento delle temperature nell'atmosfera marziana. Queste, infatti, salgono regolarmente e scendono almeno due volte al giorno. Temperature che oscillano fino ai 58 gradi Fahrenheit (14 gradi Celsius), come diagnosticato dalle osservazioni del Mars Climate Sounder. “Osserviamo un massimo della temperatura nel mezzo della giornata, ma rileviamo anche una temperatura massima poco dopo la mezzanotte", dichiara Armin Kleinboehl, del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, a Pasadena, in California.
Oscillazioni della temperatura dettate dal vento e che, ripetendosi ogni giorno e per almeno due volte, determinano quelle che vengono definite maree atmosferiche. Queste sarebbero il risultato della variazioni del caldo diurno ed il fresco notturno. Infatti, si usa definire “diurne” le maree che si verificano una volta al giorno, mentre sono “semi-diurne” quelle che si sviluppano due volte.
Ma non sono solo le maree e le temperature ad attirare la curiosità degli scienziati. Alcune delle misteriose “gole” rilevate sul suolo marziano, paragonabili per taluni aspetti alle nostre dune di sabbia, potrebbero essere formate da blocchi di biossido di carbonio, noto anche come “ghiaccio secco fluido”. A sostenerlo, ancora la Nasa. "Ho sempre sognato di andare su Marte", ha detto Serina Diniega, uno scienziato planetario del Jet Propulsion Laboratory e autore della ricerca. "Ora sogno di fare snowboard giù per una duna di sabbia marziana e su per un blocco di ghiaccio secco".
Secondo la ricerca, infatti, i cosiddetti “calanchi lineari” possiedono tutti una costante larghezza di pochi metri l'uno dall'altro. È possibile, dunque, che non ci siano depositi di detriti sul fondo, bensì pozzi. "Nelle colate detritiche”, spiega Diniega, “si dispone di acqua che trasportano sedimenti in discesa, mentre il materiale eroso dalla cima è trasportato verso il basso e depositato come un grembiule a forma di ventaglio". Le immagini del Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa hanno aiutato gli scienziati a giungere a tale teoria, che a sua volta ha portato alla esecuzione di una serie di esperimenti sulle dune di sabbia dello Utah e della California. Durante i test, gli scienziati hanno scoperto che il ghiaccio secco forma uno "strato lubrificante" di anidride carbonica gassosa, il quale ha permesso ai pezzi di scivolare giù per le dune, anche quando la “pista” era poco profonda. Ecco spiegata la presenza di pezzi di ghiaccio ripresi dalle immagini di MRO.
E la vita su Marte? Potrebbe essere stata veicolata sul pianeta grazie ai meteoriti. Antichi elementi, quali l'argilla, possono aver costituito una componente chiave per la genesi delle prime strutture molecolari della vita.
Recentemente, il boro rilevato in un meteorite marziano avrebbe confermato tale teoria. E da questo, si sarebbe sviluppato l'RNA. "Nei primi anni di vita, si ritiene che l'RNA sia il precursore informativo del DNA", spiega il ricercatore James Stephenson, un biologo evoluzionista.
Cosa può essere accaduto, dunque, miliardi di anni fa? Gli scienziati sostengono che l'RNA possa essere stato la prima molecola di informazioni che abbia dato modo alle generazioni successive di svilupparsi. “I borati possono essere stati importanti per l'origine della vita sulla Terra, perché in grado di stabilizzare il ribosio, una componente fondamentale dell'RNA", continua Stephenson.
Uno studio ancora molto lungo, ma che già oggi sta evidenziando importanti risultati. Gli esperimenti, inoltre, sono condotti anche sulla Terra, precisamente nelle pallide distese dell'Antartide, poiché si ritiene che le sue rocce possano avere origine extraterrestre. Il progetto, finanziato dalla Nasa, dalla National Science Foundation e dallo Smithsonian Institution, potrebbe essere fondamentale per avanzare ipotesi concrete circa l'evoluzione primordiale del nostro pianeta, nonché percorrere i primi passi concreti nella comprensione della possibile presenza di forme di vita anche sul pianeta Marte.
Federica Vitale
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