Sbarco sulla Luna: cosa accadde veramente?

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Siamo cresciuti tutti con i racconti dei nostri genitori che ci parlavano di quella calda sera d’estate quando, davanti alle televisioni, si assistette allo storico sbarcare sulla Luna. E siamo cresciuti tutti, con gli anni, con quel sapore di dubbio, instillato attraverso supposizioni, ipotesi, giochi fotografici di luci ed ombre che negavano, racconti che non coincidevano.

E oggi è proprio Neil Armstrong, il primo uomo a incidere la propria orma sulla superficie lunare, a parlare. Anzi, a scrivere il suo racconto ricco di dettagli, in un articolo per Robert Krulwich. E si tratta di considerazioni che Armstrong fa per rendere meno oscuri quei misteri con i quali siamo cresciuti.

Una delle domande che un po’ tutti ci si è posti è: “Perché, con tutto il suolo lunare, gli astronauti dell’Apollo 11 si sono limitati ad esplorare solo 90 yard?” Armstrong risponde con una spiegazione lineare ed evidente.

Lui ed il suo compagno Buzz Aldrin avevano dei limiti in quello che avrebbero dovuto fare. Limiti tecnici e tecnologici visto l’equipaggiamento di quegli anni? O limiti imposti da Houston? Scrive Armstrong: “È vero che facevamo attenzione durante la nostra esplorazione. Erano molte le incertezze circa il nostro modulo lunare e la pressione all’interno della tuta e della nostra attrezzatura”. Tutte questioni che solo sul campo avrebbero dato un chiaro risultato degli sforzi dell’ingegneria anni ’60.

In particolare, la Nasa aveva progettato un sistema che pompasse acqua attorno gli astronauti dato che essi avrebbero operato su di una superficie completamente desertica, con una temperatura di 200 gradi Fahrenheit (circa 93° Celsius). Ma tanti erano i timori riguardo la funzionalità del sistema. Ecco perché gli astronauti si muovevano nei paragi del modulo lunare.

Inoltre, prima della partenza, gli organizzatori della missione decisero che gli astronauti si sarebbero sempre mossi nel raggio di ripresa della telecamera. Questo per scopi di esperienze e conoscenze da applicare nelle future missioni. Ma Armstrong svela: “Con candore ammisi che, consapevolmente e deliberatamente, lasciai l’area di lavoro coperta dal segnale televisivo per esaminare e fotografare da vicino l’interno di un cratere. Sapevo del rischio al quale sarei andato incontro”.

Armstrong è noto per il suo stile di vita lontano dalla scena pubblica. Tuttavia, negli ultimi anni, si è impegnato politicamente per il ritorno della Nasa sulla Luna. Il fatto che l’uomo già ci sia andato, infatti, non significa che non occorra riprovarci. Si sono esplorate solo poche zone della superficie lunare, ne restano molte altre.

Inoltre, una futura missione sulla Luna sarebbe auspicabile per studiare da vicino materiali rari come l’Helium-3, un isotopo decisamente utile per rifornire l’energia da fusione.

"Ma questo tipo di missioni sono sempre collegate a questioni politiche". La Nasa oggi è impegnata in progetti volti ad inviare astronauti sugli asteroidi. "Ed è noto che, all’epoca del primo allunaggio, l’agenzia spaziale aveva come scenario la Guerra Fredda".

Ad ogni nodo, è sempre emozionante, a distanza di quarant’anni, ascoltare o leggere i racconti di chi la storia l’ha vissuta. Increduli o no, la sera del 20 luglio 1969 rimane data memorabile. E tutto il velo di meraviglia e di controversia che circonda il fatto storico, preferiamo lasciarlo lì dove è e continuare a crescere con la consapevolezza che, un giorno di qualche anno fa, l’uomo fece quel “giantesco balzo per l’umanità”.

Federica Vitale

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