Le origini della materia oscura: immortalati gli ammassi di galassie dal satellite Planck

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Le prime immagini degli ammassi di galassie sono state scattate dal satellite Planck, inviato dall'Agenzia Spaziale Europea e volto allo studio dell’Universo primordiale.

Grazie alle osservazioni dell'effetto Sunyaev-Zel'dovich ossia di uno speciale segnale che tali ammassi lasciano sulla radiazioni cosmica di fondo, è stato possibile rilevare le galassie, scoprendo un nuovo superammasso.

Ricordiamo, gli ammassi di galassie sono tra gli oggetti cosmici più grandi a noi noti e sono utili al mondo scientifico e astronomico perché potrebbero dare importanti informazioni riguardo alla materia oscura, visto che è la componente principale della loro massa.

Comprendono le stelle, concentrate al loro interno e le altre galassie, che a loro volta si aggregano tra loro per creare enormi ammassi circondati da altrettanto spazio vuoto. “La scoperta degli ammassi e del superammasso è tra le più eclatanti nell’ambito di quelle già messe a segno da Planck - ha commentato Reno Mandolesi dell’INAF -. La rivelazione di questi oggetti celesti con il metodo SZ è da considerarsi una vera e propria pietra miliare della missione”.

Nabila Aghanim uno dei ricercatori dell’Institut d’Astrophysique Spatiale che ha interpretato i dati di Planck ha poi spiegato in che modo è stato possibile "immortalare" gli ammassi e i superammassi: “Nel loro viaggio nel cosmo, i fotoni che costituiscono la radiazione fossile prodotta dal Big Bang, interagiscono con la materia che incontrano: quando ad esempio attraversano un ammasso di galassie, i fotoni urtano gli elettroni liberi presenti nel gas caldo che permea l’ammasso. Queste collisioni ridistribuiscono le frequenze dei fotoni in un modo del tutto peculiare che ci permette di separare l’effetto prodotto dall’ammasso rispetto al segnale della radiazione cosmica di fondo”.

Francesca Mancuso

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