La vista degli astronauti è alterata dalla loro prolungata attività nello spazio. Spesso si sostiene, non senza ragione, che cambiare punto di vista consenta di comprendere situazioni anche complesse in modo più profondo, conferendo una diversa sensibilità. Secondo quanto scoperto da un’équipe di scienziati al servizio della NASA, tale considerazione ha anche una valenza letterale e concreta.
Si può dunque dire che uno dei principali strumenti sensibili a disposizione dell’uomo, la vista, si adatta a tal punto a una condizione anomala da modificare, sia pure in forma leggera, le proprie meccaniche di funzionamento. I risultati della ricerca svolta dal gruppo guidato da Thomas H. Mader sono stati pubblicati su di Ophthalmology, tra le riviste di riferimento in questo ambito, a testimonianza della validità e della rilevanza delle osservazioni formulate.
L’esame è stato condotto su sette astronauti: tutti i soggetti presentavano alterazioni significative della vista, raggruppabili in tre principali categorie:
-
appiattimento della parte posteriore del bulbo oculare (cinque soggetti)
-
pieghe nella coroide, il tessuto vascolare dietro la retina, area sensibile alla luce nella parte posteriore dell'occhio (cinque soggetti)
-
gonfiore del nervo ottico (cinque soggetti)
Le alterazioni descritte potrebbero essere causate, ad esempio, da un’eccessiva pressione intracranica. Si rileva però che nessuno degli astronauti esaminati presenta altri sintomi generalmente causati da eccessiva pressione intracranica, come mal di testa cronico o visione doppia.
Altre ipotesi circa le cause delle alterazioni sono tuttora al vaglio degli scienziati e saranno oggetto di ulteriori ricerche. Tra i fattori presi in considerazione, il flusso anomalo di liquido spinale intorno al nervo ottico, i cambiamenti del flusso sanguigno nella coroide, o cronica bassa pressione all'interno dell'occhio (pressione intraoculare).
Damiano Verda