Computer quantistici: un obiettivo sempre più vicino

IBM-360-1964-2

L’IBM ha annunciato notevoli progressi nella costruzione dei computer quantistici, sviluppando il lavoro svolto nell’anno passato presso l’Università di Yale (New Haven, Connecticut, Usa) e quella della California (Santa Barbara, California, Usa), che si basa sull’utilizzo di materiale superconduttore (renio e niobio) sulla superficie di un semiconduttore, raffreddato ad una temperatura prossima allo zero assoluto dove manifesta comportamento quantistico. La notizia è stata diffusa dal New York Times.

La compagnia ha messo insieme un gruppo di ricerca presso il Thomas J. Watson Research Center in Yorktown Heights a New York, assumendo personale proveniente dai laboratori di Santa Barbara e di Yale. Attualmente ha iniziato un progetto di ricerca della durata di cinque anni. “L’IBM. è molto interessata a riprendere lo studio che questi gruppi di ricerca hanno iniziato”, afferma David Di Vincenzo, fisico della compagnia e manager della ricerca.

I computer classici funzionano sul sistema a bit, l’unità di informazione nella quale si opera la scelta tra due valori (sì/no, vero/falso), condizionata dalla probabilità che il valore (o evento) si verifichi. A livello quantistico però valgono leggi differenti, grazie alle quali più scelte apparentemente diverse possono essere fatte contemporaneamente, come se più strade differenti potessero essere percorse allo stesso momento.

È questo il principio di funzionamento dei computer quantistici, la cui unità di informazione, chiamata qubit (contrazione di quantum bit), consente di effettuare operazioni simultanee, incrementando molto velocemente la rapidità di calcolo. Questa proprietà è nota come ‘superposizione’. In un sistema a due qubit, in particolare, è possibile effettuare quattro operazioni simultaneamente, in uno a tre qubit otto, etc., in rispetto della regola secondo la quale i calcoli simultanei possibili sono 2 elevato alla n, dove n è il numero di qubit con il quale è costruito il computer.

Tuttavia un’altra legge della fisica quantistica complica la situazione: quando misuriamo o semplicemente osserviamo il sistema, questo non può più trovarsi in stati differenti contemporaneamente, ma cade necessariamente in uno definito, la cui conseguenza è che ci ritroviamo di fatto con un computer classico. Per ovviare al problema i ricercatori hanno vincolato le particelle l’una all’altra, in modo da poter ricavare direttamente informazioni da una misurando solo le proprietà dell’altra, mediante l’utilizzo di componenti microelettroniche chiamate ‘risuonatori’ (metodo chiamato ‘relazione quantica’).

I problemi incontrati finora dalla ricerca in questo campo sono dovuti essenzialmente alla difficoltà di costruire circuiti integrati contenenti molti qubit, ma la buona notizia consiste nel fatto che, laddove il numero di questi cresce abbastanza lentamente, la precisione con la quale i ricercatori sono in grado di controllare le interazioni quantiche è invece migliorata sensibilmente. Comunque i fisici di Santa Barbara confidano di poter raddoppiare la potenza di calcolo dei loro computer entro il prossimo anno.

Diverse tuttavia sono le tecnologie che si stanno sfidando per raggiungere il grande obbiettivo di rendere i computer quantistici una realtà, in competizione con l’IBM. In particolare una è stata sviluppata dalla D-Wave Systems, un’azienda produttrice di computer canadese, la quale ha messo a punto un sistema con più di 50 qubit. Anche se molti ricercatori sono scettici sull’efficienza della sua relazione quantica, Hartmut Neven, ricercatore di Google, ha ricevuto una proposta dalla D-Wave e dal Jet Propulsion Laboratory della Nasa per realizzare un calcolatore per Google basato sulla tecnologia della D-Wave.

Roberta De Carolis

Cerca