Nel cuore del Mediterraneo ci sono vortici dal diametro di circa 10 chilometri. A scoprirlo è stato un progetto di ricerca sui neutrini dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). È stato possibile infatti osservare per la prima volta la presenza di catene di vortici marini alla profondità di oltre 3000 metri, che si muovono ad una velocità di circa 3 centimetri al secondo.
Realizzato dai ricercatori delle sezioni INFN di Roma1 e Catania e dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN, lo studio è stato reso possibile dalle misure oceanografiche svolte nell’ambito dell'esperimento NEMO (Neutrino Mediterranean Observatory), un progetto dell’INFN che prevede la realizzazione di un apparato strumentale per la rivelazione su fondali oceanici del passaggio di neutrini di alta energia provenienti dallo spazio profondo.
In questo caso, l’esperimento NEMO ha posizionato nel Mar Ionio, a 3500 metri di profondità, alcuni strumenti volti a misurare le correnti e la temperatura. Ad analizzare i dati è stato Angelo Rubino, oceanografo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che insieme ai suoi collaboratori ha evidenziato la presenza di catene di vortici marini profondi, assolutamente inattesi in un bacino chiuso come quello del Mar Mediterraneo.
Ma da dove hanno origine questi fenomeni? È ancora da accertare, secondo gli esperti l'origine potrebbe essere locale ma potrebbe anche trattarsi di “un’origine remota legata a processi di instabilità nelle acque del Mar Adriatico e/o del Mar Egeo”.
Secondo l'INFN, questi processi darebbero luogo “a strutture rotanti e lentiformi in grado di percorrere centinaia di chilometri senza perdere le loro caratteristiche dinamiche e idrografiche”. Inoltre le simulazioni numeriche insieme a precedenti misure su diversi siti sembrano confermare quest ipotesi. “I vortici osservati avrebbero un ruolo di particolare interesse nell’ambito delle variabilità climatiche del Mar Mediterraneo. Cinque anni fa l’esperimento NEMO, con un apparato acustico posto a 2000 metri di profondità davanti a Catania, aveva rivelato una presenza altrettanto inaspettata, per quantità di soggetti, di cetacei e in particolare di capodogli in quella zona di mare” spiegano i ricercatori.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.
Francesca Mancuso