Ritrovata la (possibile) antenata degli Indiani d'America

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Un gruppo di subacquei ha scoperto i resti del corpo di una ragazza nel buio di una grotta sottomarina nella penisola messicana dello Yucatàn. È stata nascosta per più di 12 mila anni, insieme alle ossa di decine di altri animali estinti durante l'Era Glaciale. La scoperta dei resti ossei è stata definita come la più antica e completa venuta alla luce in America. Il DNA mitocondriale rivela che l'adolescente potrebbe essere ricollegata per l'11% ad una discendenza dagli Indiani d'America, geneticamente una popolazione che costituisce l'impronta dei primi esseri umani che hanno abitato la superficie terrestre ora sommersa sotto il mare di Bering.

Era un piccolo cranio, con una serie perfetta di denti e bulbi oculari scuri che ci stavano osservando”, ricorda Alberto Nava, della Bay Area Underwater Explorers, una organizzazione no-profit di conservazione subacquea. E l'analisi sui resti di Naia (“ninfa”, come è stata chiamata l'adolescente cui appartiene il ritrovamento) è stata pubblicata dalla rivista Science.

Gli autori dello studio descrivono il cranio, provvisto di una struttura dentaria relativa ad una ragazza di 15 o 16 anni, risalendo a quelle che probabilmente erano guance lineari e una fronte molto alta. Ottenere il DNA nucleare della ragazza della grotta sommersa sarà impegnativo. Esso, infatti, è estremamente frammentato ed è probabilmente contaminato da batteri.

La datazione al carbonio dei suoi denti e i dati isotopici dei cristalli che si sono formati sulle ossa hanno aiutato gli autori dello studio a datare il periodo in cui visse la ragazza, ossia tra i 12 e i 13 mila anni fa, in quello che probabilmente era un ambiente molto arido. Quel che potrebbe essere accaduto all'incauta ragazza è che, alla ricerca di acqua, si sia inoltrata nella grotta sotterranea e poi questa sia crollata. Incapace di sfuggire, la giovane sarebbe morta insieme alla fauna che popolava quell'habitat e che, analogamente a quanto le stava accadendo, ne era allo stesso modo condannata. Al termine dell'Era Glaciale, i livelli del mare si sono innalzati, fino a colmare lentamente l'intera grotta di acqua, nascondendola a qualsiasi essere vivente.

O, almeno, lo ha fatto fino al 2007, quando per la prima volta alcuni subacquei esplorarono “l'ossario naturale”, scoprendo quella che può essere definita una vera e propria "capsula del tempo". Lo studio odierno, quindi, si pone tra le diverse recenti scoperte genetiche che hanno radicalmente modificato il lungo e acceso dibattito sul modo in cui gli esseri umani siano giunti a popolare il Nuovo Mondo. Di fronte a forti differenze di aspetto tra gli attuali nativi americani e gli antichi fossili, alcuni archeologi hanno sostenuto che le Americhe erano originariamente popolate da persone provenienti dall'Europa e dall'Asia.

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Negli ultimi dieci anni, tuttavia, la ricerca sul DNA ha suggerito che i fondatori dell'America provenissero da una singola popolazione ancestrale che, inizialmente, veniva dall'Asia. Scritto nei vasti strati di ghiaccio e del tempo, queste persone probabilmente si sarebbero evolute in isolamento per migliaia di anni in una terra localizzata tra la Siberia e l'Alaska. Quella che gli scienziati chiamano Beringia. Successivamente, quando i ghiacciai si ritirarono e la Beringia cominciò a scomparire sommersa dai mari, gli abitanti si trasferirono rapidamente tra il Nord e il Sud America. Una volta stabilitisi nel loro “nuovo mondo”, questi fondatori (o Paleoamericani), si sarebbero gradualmente evoluti in determinate caratteristiche che, oggi, si associano comunemente ai Nativi Americani.

Attualmente, i resti di Naia sono custoditi in un laboratorio dell'Istituto Nazionale Messicano di Antropologia e Storia, dove è all'opera la co-autrice dello studio Pilar Luna Erreguerena, il capo di archeologia subacquea presso l'istituto di Città del Messico. Inizialmente, i ricercatori speravano di lasciare le ossa nel posto in cui erano state ritrovate, in linea con le convenzioni riguardanti la conservazione dei resti culturali subacquei. Tuttavia, i ricercatori hanno prelevato il cranio, la mandibola ed altre ossa nel mese di marzo, dopo aver scoperto che alcuni subacquei non autorizzati erano soliti penetrare nella grotta, rischiando di danneggiarli. "Siamo stati costretti a recuperare cinque pezzi di Naia", ha dichiarato la Erreguerena.

In attesa di risalire alla sua vera identità, garantendo a Naia il meritato riposo.

Federica Vitale

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