Il genoma umano si è diversificato e il Dna presenta ormai innumerevoli mutazioni, anche dannose se non incompatibili con la vita stessa, e tutto ciò è avvenuto soprattutto negli ultimi 5-10 mila anni, a causa dell'aumento esponenziale della popolazione. Lo dimostra uno studio compiuto da un gruppo di ricerca guidato da Joshua M. Akey dell'Università di Washington (Usa).
Gli studiosi hanno effettuato un dettagliato sequenziamento sul genoma di 6 mila e 500 individui, afro-americani ed europei, individuando più di un milione varianti, anche di un singolo nucleotide. Le loro scoperte suggeriscono che il 73 per cento delle varianti, comprese quelle potenzialmente pericolose, sono avvenute nel corso degli ultimi 5-10 mila anni.
I ricercatori hanno anche visto la firma genetica sulla storia migratoria divergente dei due gruppi, che li ha portati ad adattarsi a situazioni climatiche e ambientali differenti, e dispongono quindi ora di "un modo di guardare alla recente storia umana come non hanno mai potuto fare prima" ha commentato Akey.
Questi risultati sono stati ottenuti grazie ad un considerevole campione statistico, ma soprattutto con l'aiuto di sofisticatissimi metodi e strumentazioni, che hanno consentito ai ricercatori di trovare varianti genetiche che si verificano in meno dello 0,1 per cento della popolazione campione, una sensibilità dieci volte maggiore rispetto agli studi precedenti.
In media, circa il 14 per cento delle mutazioni si sono rivelate potenzialmente dannose, e di queste, l'86 per cento è sorto negli ultimi 5 mila anni. "Ci sono così tante varianti che alcune di loro necessariamente contribuiscono alle malattie" ha spiegato Akey. Questi risultati suggeriscono che gli esseri umani stanno producendo un maggior numero di mutazioni pericolose di quanto non si verificasse qualche migliaio di anni fa.
Ma questo non significa che gli esseri umani ora sono più suscettibili alle malattie, spiega il ricercatore, ma che la maggior parte di queste è causata da più di una variante, e che le patologie, in conseguenza di un così alto numero di mutazioni, possono operare in persone diverse attraverso diversi percorsi e meccanismi genetici.
Questo contraddice una precedente ipotesi secondo la quale le malattie comuni sono provocate da variazioni comuni, ha commentato Sarah Tishkoff, genetista presso l'Università della Pennsylvania a Philadelphia, non coinvolta nello studio. Ma da ciò deriva anche, a questo punto, che una rara malattia può anche non essere indotta da una rara mutazione.
Il lavoro è stato pubblicato su Nature.
Roberta De Carolis
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