Per migliaia di anni l’uomo è stato imprigionato sulla terra, poi, un giorno, è riuscito a battere la velocità di fuga terrestre, e da quel momento il cielo non è stato più il suo confine. Ma oltre alla gloria della conquista di nuovi mondi, gli astronauti si sono portati con se moltissimi diversi tipi di materiali (razzi, strumentazioni, ecc.), che con il passare del tempo hanno cominciato ad inquinare l’orbita terrestre.
L’aumento incontrollato di questa spazzatura spaziale, non è più solo un problema etico, ma una vera e propria minaccia per i satelliti, per le stazioni spaziali, e per la vita umana sulla terra. Un detrito spaziale, infatti, potrebbe entrare all’interno dell’atmosfera terrestre e colpire un qualsiasi punto del nostro globo. Ne è un esempio il satellite della NASA che il 24 settembre 2011, è rientrato in atmosfera, disintegrandosi sopra l’oceano pacifico. In questi casi, naturalmente, l’attrito dinamico polverizza tutti i detriti, ma rimangono comunque delle basissime possibilità che i detriti arrivino fino a terra. In ogni caso, la spazzatura spaziale comincia a diventare un problema serio. Ecco alcuni metodi, più o meno verosimili, per risolvere il problema.
Laser giganti
Posizionando dei potenti laser in diverse zone del mondo, si potrebbe concentrare diversi fasci di fotoni sui detriti, in modo da deviarne la direzione.
Questo metodo risulta molto importante, in virtù della necessità di evitare collisioni tra detriti spaziali. Come aveva previsto lo scienziato della NASA, Donald Kessler, nel 1978, infatti, la collisione tra due detriti potrebbe scatenare una cascata di ulteriori impatti, comportando la comparsa di elevate quantità di corpi vaganti. La tecnologia per produrre questi laser è già esistente da diverso tempo, e non sarebbe estremamente costosa.
Space Balloons
Il Gossamer Orbit Lowering Device, o sistema GOLD, utilizzerà un grosso pallone delle dimensioni di un campo da calcio, che si legherà ai detriti più grandi, aumentandone la resistenza aerodinamica. In questo modo la spazzatura spaziale verrà trascinata all’interno dell’atmosfera, dove la pressione dinamica li disintegrerà.
Il pallone sarà gonfiato con dei gas, ed è costituito da una membrana ultra sottile, che se ripiegata, può entrare all’interno di una valigia di medie dimensioni.
Self-Destructing Janitor Satellites
Questo satellite, ideato dai ricercatori svizzeri del Federal Institute of Technology, possiede la capacità di identificare e catturare i detriti spaziali, attraverso dei tentacoli robotici. Una volta raggiunto il carico massimo, il satellite comincerà la discesa verso l’atmosfera terrestre, per essere disintegrato insieme ai detriti.
Muro d’acqua
L’idea di James Hollopeter della compagnia GIT satellite, è quella di lanciare razzi carichi d’acqua in orbita. Questi razzi rilasceranno dei veri e propri muri d’acqua di fronte ai detriti spaziali, in modo da rallentarne la velocità, così da farli uscire dall’orbita. La fine dei detriti, anche in questo caso è la stessa: bruciati dalla pressione dinamica.
Space pods
La società spaziale Russa, Energia, ha investito due miliardi di dollari nella realizzazione di un “pod” spaziale. Mentre le caratteristiche tecniche del veicolo restano ancora ignote, la sua funzione è ben nota: ripulire l’orbita terrestre da tutti i rifiuti, in un arco di 15 anni. La caratteristica principale di questo pod, sarà la sua fonte energetica, ovvero un nucleo di energia nucleare, in grado di fornire sufficiente energia per 15 anni di missione.
Micropolveri di tungsteno
Questa soluzione che appare decisamente insolita, prevede di immettere tonnellate di micro polveri di tungsteno nell’orbita terrestre, in traiettoria opposta a quella dei detriti spaziali. Questa opposizione dovrebbe essere sufficiente a rallentare i detriti spaziali, in modo da farli cadere in un’orbita più bassa. Nel giro di qualche decennio, poi, i detriti dovrebbero entrare in contatto con l’atmosfera, per finire, ancora una volta, bruciati dalla pressione dinamica. Anche se questa soluzione abbasserebbe il tempo di caduta nell’atmosfere dei detriti spaziali, da centinaia di anni, a qualche decennio, ci sono dei problemi connessi all’immissione di questo elemento in orbita. In alcuni studi scientifici, è risultata una correlazione tra tungsteno e anomalie dell’apparato scheletrico – muscolare, e morte premature.
Space Garbage Trucks
La DARPA, Defense Advanced Research Project Agency, sta investendo in un progetto chiamato Electrodynamic Debris Eliminator, che ha la fama di essere un “camion della spazzatura spaziale”. Attraverso 200 reti giganti l’EDDE, dovrebbe essere in grado di raccogliere i detriti spaziali per gettarli in un’orbita più bassa, o negli oceani terrestri.
Riciclaggio satelliti
L’altra idea della DARPA, che prende il nome di progetto Phoenix, punta al riciclaggio spaziale. Invece di distruggere i vecchi satelliti, infatti, il programma prevede la creazione di nano satelliti, poco costosi ed economici da lanciare, in grado, una volta agganciati ai satelliti in disuso, di completare la propria costruzione, ottenendo i pezzi di ricambio dai satelliti “morti”.
Sticky Booms
La Altius Space Machines, sta sviluppando un braccio robotico chiamato Sticky Booms, che può arrivare ad una estensione di 100 metri, e che sarà in grado, una volta individuati i detriti, di indurre cariche elettrostatiche su qualsiasi materiale, in modo da attaccarlo a se. In questo modo i detriti potranno essere controllati e smaltiti.
Tutti questi metodi, dunque, appaiono rivoluzionari ed efficienti. Inoltre non sono tecnologie che si discostano troppo dalle attuali capacità, e questo potrebbe essere un bel motivo per confidare nella loro futura applicazione. Tuttavia esse puntano su una caratteristica comune: la spinta dei detriti all’interno dell’atmosfera. Non tutti, però, sono così piccoli da essere completamente disintegrati dalla pressione dinamica, ed alcuni di essi sono destinati a finire nei nostri oceani.
Questa condizione, dunque, non sembrerebbe così efficiente. I nostri oceani sono già a rischio, e aumentare il loro inquinamento, non appare la soluzione migliore. Le società spaziali, dunque, dovranno ancora sforzarsi per trovare una soluzione più adatta, che non imponga compromessi negativi per il nostro pianeta, e che si limiti a risolvere il problema, senza crearne di nuovi.