Una sociologa del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT) sta studiando come gli uomini sposati interagiscono con fidanzate virtuali create da intelligenze artificiali, analizzando le implicazioni di queste relazioni digitali.
Sherry Turkle, ricercatrice del MIT, ha raccontato il suo studio in un’intervista con NPR
Ho sempre avuto interesse ad approfondire le sfumature con le macchine che dicono “Mi preoccupo per te, ti amo, prenditi cura di me”.
Da molti anni, le persone sviluppano legami affettivi con oggetti inanimati, e Turkle ha studiato questo fenomeno fin dagli anni ’90 con giocattoli interattivi come Tamagotchi e Furby. Tuttavia, i recenti progressi tecnologici hanno reso queste relazioni con l’IA ancora più intense e complesse.
Turkle osserva che i sentimenti sviluppati verso i compagni AI rappresentano un dilemma psicologico e sociale.
L’intelligenza artificiale offre uno spazio senza le frizioni tipiche delle relazioni umane. Offre l’illusione di un’intimità senza le richieste emotive che comportano le relazioni reali. E questa è la sfida principale di questa tecnologia.
Ad esempio, uno degli studi di Turkle riguarda un uomo sposato che ha trovato conforto parlando con una “fidanzata” AI. Nonostante rispetti sua moglie, l’uomo ha asserito che l’attenzione della compagna è rivolta principalmente ai figli, facendo sì che il loro rapporto perdesse la scintilla romantica e sessuale. Parlando con l’AI, l’uomo ha riportato di sentirsi ascoltato e desiderato, sensazioni che non provava più con la moglie.
La falsa empatia delle Intelligenze Artificiali
Non è chiaro quanto la moglie o i figli dell’uomo sappiano della sua “fidanzata” AI, ma è evidente che l’uomo ha condiviso aspetti molto personali con il chatbot, una vulnerabilità che, secondo Turkle, avviene sotto false premesse:
Il problema è che quando cerchiamo relazioni senza vulnerabilità, dimentichiamo che è proprio nella vulnerabilità che nasce l’empatia. Questa è un’empatia finta, perché la macchina non prova sentimenti. Non si preoccupa realmente di te.
Turkle non giudica coloro che si rivolgono alla tecnologia per soddisfare i loro bisogni emotivi, ma offre un avvertimento: ricordarsi che i chatbot non sono persone, e anche se possono sembrare meno stressanti delle relazioni umane, non possono sostituire completamente il ruolo che gli esseri umani hanno nella nostra vita.
L’avatar è a metà strada tra una persona e una fantasia. Non diventate così attaccati da non riuscire a dire: “Questo è un programma”.