Uno studio pubblicato su Physical Review Letters ha esplorato l’effetto della materia oscura ultraleggera sugli Extreme Mass Ratio Inspirals (EMRIs), ossia quei sistemi in cui un piccolo oggetto stellare orbita attorno a un buco nero supermassiccio (SMBH). Si tratta di una ricerca ambiziosa che potrebbe cambiare le carte in tavola per la nostra comprensione dell’universo, sfruttando l’osservazione delle onde gravitazionali e puntando a svelare nuovi dettagli su una delle questioni più misteriose della fisica moderna.
La materia oscura ultraleggera: un intruso invisibile
Quando parliamo di materia oscura, entriamo in un campo minato di ipotesi e teorie. L’ipotesi della materia oscura ultraleggera prevede particelle con massa infinitesimale, modellate come bosoni scalari, cioè particelle senza spin. La loro presenza dà vita a un campo scalare, un po’ come un mare invisibile che pervade l’universo. La cosa interessante è che queste particelle, più leggere di un elettrone fino a 10^28 volte, non formano “grumi” di materia ma si comportano in modo ondulatorio su larga scala. Le teorie proposte includono la fuzzy dark matter e le nubi di bosoni, ognuna con caratteristiche che potrebbero alterare il comportamento dei sistemi astrofisici e persino la dinamica galattica.
Un nuovo approccio agli EMRIs
Se finora gli studi si erano limitati a considerazioni di tipo newtoniano, il team di ricerca del Max Planck Institute e dell’Institute for High Energy Physics di Barcellona ha deciso di fare le cose in grande. Hanno adottato un quadro completamente relativistico per esplorare l’interazione tra questi corpi celesti e la materia oscura ultraleggera.
Per intenderci, stiamo parlando di ambienti dove la gravità estrema e le velocità vicine a quella della luce non possono essere ignorate. Hanno scoperto che i buchi neri più piccoli, mentre orbitano attorno al SMBH, attraversano questa materia oscura creando una scia densa, simile a quella lasciata da un motoscafo. Questa scia esercita una forza aggiuntiva, nota come attrito dinamico, che rallenta il movimento e altera i segnali delle onde gravitazionali.
LISA e la promessa delle onde gravitazionali
Per confermare queste previsioni servirà però un occhio di riguardo, anzi, un orecchio molto sensibile: il rilevatore LISA (Laser Interferometer Space Antenna), che l’Agenzia Spaziale Europea prevede di lanciare nel 2035. LISA sarà capace di captare frequenze nell’ordine dei millihertz e monitorare questi sistemi per settimane o mesi, identificando anche piccoli cambiamenti dovuti all’attrito dinamico. In pratica, questo gigantesco “orecchio cosmico” sarà in grado di raccogliere ogni sfumatura delle onde gravitazionali generate dagli EMRIs, fornendoci una nuova finestra per osservare l’universo.
Oltre i confini della materia oscura
Il team ha anche scoperto che fuzzy dark matter e nubi di bosoni non sono esattamente la stessa cosa. La prima è più influente quando il corpo minore è lontano dal SMBH, perché provoca una perdita energetica dovuta all’esaurimento del campo scalare. Le nubi di bosoni, invece, sono fortemente influenzate dall’ambiente, disperdendo energia a seconda delle loro proprietà.
Verso nuove scoperte
E ora? Gli studiosi intendono espandere il modello relativistico per considerare anche orbite eccentriche – molto probabili negli EMRIs – e per esplorare i dischi dei nuclei galattici attivi (AGN), ritenuti ricchi di materia oscura. In definitiva, il loro lavoro ha il potenziale di rivoluzionare il modo in cui comprendiamo la struttura dell’universo e, chissà, magari rispondere alla grande domanda: di cosa è fatto veramente questo “mare invisibile” che chiamiamo materia oscura?