Non è un segreto che la morte nello Spazio rappresenti una possibilità concreta, soprattutto alla luce dei progetti di esplorazione spaziale che prevedono il ritorno dell’uomo sulla Luna e l’esplorazione di Marte. Finora, l’esplorazione spaziale ha registrato 18 decessi, di cui 14 astronauti appartenevano alla NASA. Tuttavia, è importante sottolineare che queste tragedie sono avvenute durante le fasi di lancio, rientro o direttamente sulla Terra, come nei casi di Apollo 1, Challenger e Columbia. Un episodio a parte è quello dei tre cosmonauti della Soyuz 11, deceduti nello Spazio nel 1971, un evento tragico che sottolinea la diversità delle fatalità spaziali rispetto a quelle avvenute in ambito terrestre o atmosferico.
In caso di decesso di un astronauta nello Spazio, le agenzie spaziali internazionali si trovano di fronte a sfide senza precedenti, non essendoci al momento un protocollo ufficiale. La strategia più logica consisterebbe nel recuperare il corpo per permetterne il rientro sulla Terra, un’opzione praticabile soltanto per le missioni presso la Stazione Spaziale Internazionale. Ciò è dovuto alla limitata capacità di carico delle navicelle e ai potenziali rischi di contaminazione per il resto dell’equipaggio. Considerando la durata di un viaggio verso Marte, che si estende per almeno tre anni tra andata e ritorno, l’ipotesi di un funerale terrestre immediato diventa impraticabile.
Le conseguenze di un secesso nello Spazio
Un danno irreparabile alla tuta spaziale o un’eventuale perforazione da parte di un meteorite potrebbero avere conseguenze letali in brevissimo tempo. In soli 15 secondi, un astronauta potrebbe perdere conoscenza a causa dell’esposizione al vuoto spaziale, con effetti devastanti quali la vaporizzazione dei fluidi corporei e il collasso polmonare. In tali circostanze, la procedura prevederebbe il recupero del corpo all’interno dell’airlock della Stazione Spaziale Internazionale, dove verrebbe conservato nella zona più fredda in attesa del rientro sulla Terra.
Un’altra opzione contemplata è la cremazione del corpo nello Spazio, un’idea esplorata dalla NASA nel 2015 con il progetto di un funerale ecologico, che prevederebbe la congelazione e successiva cremazione del corpo per trasformarlo in frammenti di cenere ghiacciata da riportare sulla Terra. In alternativa, se l’astronauta dovesse trovarsi fuori dalla stazione o staccarsi da essa, il suo corpo continuerebbe a orbitare attorno alla Terra fino al rientro nell’atmosfera, dove si disintegrerebbe.