Lo Stretto di Gibilterra, noto per essere un punto di incontro tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, ospita una zona di subduzione in movimento, denominata arco o fossa di Gibilterra, che si estende tra il Portogallo e il Marocco. Questo corridoio oceanico, testimone di una migrazione iniziata circa 30 milioni di anni fa, potrebbe, secondo recenti studi, essere destinato a una trasformazione significativa che influenzerà l’Atlantico stesso.
Recenti ricerche pubblicate il 13 febbraio sulla rivista Geology hanno rivelato che, nonostante un arresto osservato negli ultimi 5 milioni di anni, l’arco di Gibilterra è tutt’altro che inattivo. Attualmente in un periodo di calma, si prevede che nei prossimi 20 milioni di anni, questo fenomeno geologico possa riprendere la sua espansione, avanzando verso l’Atlantico in un processo denominato “invasione di subduzione”.
Le zone di subduzione, cruciali per la comprensione dei movimenti tettonici, si trovano già nell’Atlantico, come la zona delle Piccole Antille nei Caraibi e l’arco di Scozia vicino all’Antartide. João Duarte, geologo e professore assistente all’Università di Lisbona, sottolinea l’importanza dello studio dell’arco di Gibilterra per osservare da vicino le fasi iniziali di tali processi.
La nascita e l’evoluzione della zona di subduzione
Per verificare l’attività dell’arco, Duarte e il suo team hanno utilizzato modelli al computer che riproducono la nascita e l’evoluzione della zona di subduzione dall’Oligocene fino ai giorni nostri, evidenziando una riduzione della velocità di movimento 5 milioni di anni fa. Nonostante le difficoltà, la ricerca suggerisce che l’arco riuscirà a spostarsi attraverso lo Stretto nei prossimi 20 milioni di anni, accelerando poi la sua espansione verso l’oceano.
Questi avanzamenti tecnologici, come sottolineato da Duarte, consentono di esplorare con precisione la formazione dell’arco di Gibilterra e le sue potenziali evoluzioni future. L’invasione dell’arco nell’Atlantico potrebbe portare alla formazione di una catena di zone di subduzione simile all’Anello di Fuoco del Pacifico, con conseguenze significative per il riciclo della crosta oceanica e la potenziale chiusura dell’Atlantico.
Il rallentamento dell’avanzamento dell’arco negli ultimi 5 milioni di anni potrebbe anche spiegare la ridotta attività sismica e vulcanica nella regione, sfatando l’idea che la zona di subduzione sia inattiva. Tuttavia, i ricercatori avvertono che, nonostante la scarsa probabilità di un grande terremoto nell’immediato futuro, il rischio rimane, come dimostrato dal Grande Terremoto di Lisbona del 1755.