La Terra e i suoi pianeti fratelli, che orbitano attorno al Sole, costituiscono un sistema planetario che ha dimostrato una notevole stabilità nel corso dei suoi circa 4,5 miliardi di anni di esistenza. Tuttavia, recenti studi su stelle “gemelle” rivelano che questa stabilità non è una caratteristica comune a tutti i sistemi planetari.
Un’indagine condotta su 91 coppie di stelle, caratterizzate da dimensioni e composizioni chimiche simili, ha svelato che un numero sorprendente di queste ha mostrato segni di aver “ingerito” un pianeta. Ciò è avvenuto probabilmente dopo che il pianeta è stato catapultato fuori da un’orbita stabile per svariate cause. Le stelle in esame sono state identificate come “gemelle” in quanto originate dalla stessa nube interstellare di gas e polvere, condividendo quindi la stessa composizione chimica e avendo massa e età simili. Nonostante si muovano insieme nella stessa direzione all’interno della nostra galassia, la Via Lattea, queste coppie di stelle non sono legate gravitazionalmente l’una all’altra in sistemi binari.
La composizione chimica di una stella subisce una variazione quando questa ingloba un pianeta, poiché incorpora gli elementi che componevano il mondo perduto. Gli scienziati hanno individuato stelle che differivano dalla loro “gemella” per la presenza elevata di elementi come ferro, nichel o titanio, indicativi di resti di un pianeta roccioso, rispetto ad altri elementi.
Fan Liu, astronomo presso l’Università di Monash in Australia e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista Nature, ha evidenziato la differenza nella ricchezza elementare tra due stelle di un sistema co-natale come indicatore principale. In sette delle coppie esaminate, una delle due stelle mostrava prove dell’ingestione di un pianeta.
Le turbolenze orbitali
Le possibili spiegazioni per l’improvvisa caduta di un pianeta nella sua stella ospite includono disturbi orbitali causati da un pianeta più grande o il passaggio ravvicinato di un’altra stella, che destabilizzano il sistema planetario. Questo studio mette in prospettiva la posizione privilegiata del nostro sistema solare nell’universo, la cui stabilità non è scontata.
Utilizzando l’osservatorio spaziale Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea per identificare le stelle gemelle e telescopi situati in Cile e Hawaii per determinarne la composizione, i ricercatori hanno esaminato stelle distanti da noi da 70 a 960 anni luce. Benché la maggior parte delle osservazioni suggerisca l’ingestione di interi pianeti, non si esclude che possano essere stati consumati anche blocchi costituenti pianeti durante la fase di formazione del sistema. Le ultime fasi della vita di una stella, come il nostro sole, vedono l’ingestione di qualsiasi pianeta in orbita stretta, prima di collassare in una nana bianca. Tuttavia, le stelle esaminate nello studio erano nel pieno della loro vita, lontane dal loro termine.
Questa ricerca rivela che l’instabilità nei sistemi planetari potrebbe essere più comune di quanto precedentemente ritenuto, considerando che circa l’8% delle coppie stellari studiate presentava una stella che apparentemente aveva divorato un pianeta. Sebbene la maggior parte dei sistemi planetari dovrebbe essere stabile, poiché i pianeti sono principalmente influenzati dalla loro stella ospite, differenti condizioni iniziali e configurazioni potrebbero portare a dinamiche estremamente caotiche.
La scoperta che una frazione non trascurabile di sistemi planetari è effettivamente instabile apre nuove prospettive sulla presenza di pianeti esiliati nello spazio, ben oltre i numeri precedentemente sospettati. Comprendere quali sistemi planetari sono stabili e quali no rappresenta un obiettivo a lungo termine per i teorici della dinamica planetaria.