Le “Stelle a Matrioska”, simili a bolle, potrebbero risolvere il mistero dei buchi neri

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Stelle a Matrioska
©Università Goethe

Considerati in passato meri prodotti della fantasia, frutto delle complesse teorie di Albert Einstein sulla relatività generale, i buchi neri sono ormai accettati come componenti concreti dell’Universo, esistendo sullo stesso piano di realtà di stelle, lune e galassie. Nonostante ciò, i meccanismi che regolano questi fenomeni cosmici restano avvolti in un velo di mistero, non meno di quando il fisico tedesco Karl Schwarzschild, manipolando per la prima volta le equazioni di Einstein, dedusse che spazio e tempo potessero convergere in abissi insondabili.

Daniel Jampolski e Luciano Rezzolla, fisici presso l’Università Goethe di Francoforte, hanno intrapreso un ritorno alle origini per decifrare con maggiore chiarezza le equazioni che governano i buchi neri, proponendo una soluzione più intuitiva. La loro ricerca – pubblicata su Classical and Quantum Gravity – introduce un nuovo modello stellare, denominato gravastar, che si propone come alternativa ai tradizionali buchi neri e sfida la nostra comprensione dell’universo. Il concetto di gravastar, formulato inizialmente da Pawel Mazur ed Emil Mottola, rappresenta una soluzione alternativa alle equazioni di campo di Einstein, contrapponendosi all’idea dei buchi neri.

Questi oggetti cosmici, pur essendo estremamente compatti e caratterizzati da una gravità superficiale paragonabile a quella dei buchi neri, si differenziano per l’assenza di un orizzonte degli eventi e di una singolarità al loro interno. Al centro di una gravastar, troviamo invece un nucleo di energia esotica che, con la sua pressione negativa, contrasta l’intensa forza gravitazionale. La superficie di queste stelle è costituita da una sottilissima crosta di materia ordinaria.

È sorprendente che a oltre un secolo di distanza dalla prima soluzione di Schwarzschild alle equazioni di Einstein, sia ancora possibile scoprire nuove interpretazioni.

Nestar, le “Stelle a Matrioska”

La nuova teoria elaborata da Jampolski e Rezzolla introduce il concetto di “nestar“, ovvero una gravastar che ne contiene un’altra all’interno, creando una struttura simile a quella delle famose bambole russe. Questa innovativa soluzione alle equazioni di campo non solo amplia le possibilità di esistenza di tali oggetti celesti ma apre anche nuove prospettive nella comprensione della struttura dell’universo. Secondo Jampolski, la possibilità di una serie di nestar rende più tangibile l’idea di questi oggetti cosmici, con un guscio composto da materia leggermente più spessa rispetto a quello previsto per le gravastar.

Luciano Rezzolla, esperto di astrofisica teorica, sottolinea l’importanza di queste scoperte, evidenziando come, anche a un secolo di distanza dalle prime soluzioni di Schwarzschild alle equazioni di campo di Einstein, sia ancora possibile scoprire nuovi orizzonti nella teoria della relatività generale. Queste ricerche, pur nell’ipotetica inesistenza delle nestar, contribuiscono significativamente alla nostra comprensione dei buchi neri e delle leggi che governano l’universo.