Recentemente, gli astronomi hanno fatto una scoperta straordinaria che sta rivoluzionando la nostra comprensione della formazione stellare. Si tratta di una nana bruna errante nello Spazio, con una massa che varia tra 3 e 4 volte quella di Giove, rendendola l’oggetto più leggero del suo tipo mai identificato fino ad ora. Questo ritrovamento solleva questioni fondamentali riguardo la genesi di tali corpi celesti.
Catarina Alves de Oliveira, astronoma dell’Agenzia Spaziale Europea, sottolinea la difficoltà di spiegare la formazione di un oggetto così peculiare. Secondo i modelli correnti, è semplice concepire la nascita di pianeti giganti in un disco attorno a una stella, ma la formazione di una nana bruna in un simile contesto è improbabile. Si ipotizza quindi che questo oggetto si sia formato come una stella, nonostante la sua massa sia 300 volte inferiore a quella del nostro Sole, portando a interrogativi sul meccanismo di formazione stellare a tali scale ridotte.
Le nane brune, spesso descritte come “stelle fallite“, sono oggetti che, sebbene si formino come le stelle, non raggiungono la massa necessaria per innescare la fusione dell’idrogeno nel loro nucleo. Non classificabili né come stelle né come pianeti, le nane brune hanno una massa minima di circa 80-85 volte quella di Giove per avviare la fusione. Tuttavia, a una soglia di circa 13 volte la massa di Giove, possono fondere isotopi più pesanti come il deuterio.
A differenza delle stelle, i pianeti si originano dall’accumulo graduale di materiale residuo post formazione stellare. Pertanto, gli oggetti formatisi attraverso il collasso gravitazionale ma con massa insufficiente per la fusione, possono essere classificati come nane brune. Questi oggetti, talvolta definiti nane sub-brune o pianeti canaglia, rappresentano una categoria intermedia tra stelle e pianeti.
La ricerca sul campo
Kevin Luhman della Pennsylvania State University guida un team di astronomi nella ricerca del più piccolo tra questi oggetti. Utilizzando il telescopio spaziale James Webb, gli astronomi hanno studiato il giovane ammasso stellare IC 348, nella regione di formazione stellare del Perseo, distante circa 1000 anni luce. Grazie all’elevata sensibilità del JWST nel campo degli infrarossi, hanno identificato tre nuovi membri di IC 348, con masse tra tre e otto Giove e temperature tra 1100 e 1800 Kelvin. Il più piccolo di questi ha stabilito un nuovo record, avendo una massa paragonabile a quella di tre o quattro Giove.
Questo ritrovamento pone sfide alla comprensione tradizionale della formazione stellare e planetaria. Se da un lato è possibile che tali oggetti siano esopianeti espulsi dai loro sistemi, dall’altro la loro formazione attorno a stelle di piccole dimensioni è difficile da spiegare, considerando anche la giovane età dell’ammasso.
L’analisi spettrografica ha rivelato la presenza di un idrocarburo non identificato in due di questi oggetti, una scoperta senza precedenti nelle atmosfere extrasolari. Secondo Alves de Oliveira, i modelli attuali per le atmosfere delle nane brune non prevedono l’esistenza di tale molecola, indicando che l’osservazione di oggetti più giovani e di massa inferiore può rivelare fenomeni inaspettati. La ricerca, pubblicata su The Astronomical Journal, apre nuove frontiere nella comprensione della natura e dell’evoluzione di stelle e pianeti, fornendo spunti intriganti e innovativi per il campo dell’astronomia.