Un team internazionale di astronomi, capeggiato dal dottor. Lukas Furtak e dal professor Adi Zitrin dell’Università Ben-Gurion del Negev, ha fatto luce su una scoperta straordinaria grazie alle immagini catturate dal James Webb Space Telescope (JWST). Hanno individuato un buco nero supermassiccio con caratteristiche uniche, situato nell’universo primordiale. Questo oggetto celeste si distingue per il suo colore insolitamente rosso, il che indica che si trova dietro a un denso strato di polvere cosmica che ne maschera la luce. Attraverso misurazioni precise, il gruppo ha rivelato che la massa di questo buco nero è notevolmente più grande rispetto a quella della sua galassia ospite, una peculiarità non comune rispetto agli esempi più vicini a noi.
Da quando è stato messo in orbita due anni fa, il JWST ha rivoluzionato il nostro approccio allo studio delle galassie antiche, svelando esistenze e caratteristiche prima sconosciute. Questo telescopio ha permesso di scoprire galassie primordiali in numero e luminosità superiori alle aspettative, oltre a rivelare nuovi tipi di oggetti cosmici. Tra questi, il gruppo di ricerca ha individuato un oggetto simile a un quasar con lenti gravitazionali, emerso dall’oscurità dell’universo primordiale.
Una finestra sull’Universo distante
L’oggetto è stato scoperto nelle immagini del JWST dedicate al programma UNCOVER, che ha esplorato con dettaglio senza precedenti il campo galattico di Abell 2744. Quest’ammasso di galassie, agendo come una lente gravitazionale, distorce lo spaziotempo intorno a sé, permettendo così di osservare galassie situati ben oltre i limiti convenzionali. Il dottor Furtak ha così commentato la scoperta:
La nostra eccitazione era alle stelle quando abbiamo iniziato ad analizzare i dati inviati dal JWST. Tra questi, tre oggetti di un rosso intenso hanno subito catturato la nostra attenzione, suggerendo la presenza di un buco nero supermassiccio.
Approfondendo lo studio di questi “punti rossi” tramite modelli numerici di lensing, il team ha concluso che rappresentavano immagini multiple della stessa sorgente di fondo, osservata quando l’universo aveva circa 700 milioni di anni. La natura non convenzionale dell’oggetto e le sue dimensioni compatte hanno portato alla conclusione che si trattasse di un buco nero supermassiccio. Ulteriori analisi degli spettri ottenuti dal JWST/NIRSpec hanno confermato questa teoria, rivelando una massa eccezionalmente elevata per il buco nero in questione, rispetto alla galassia che lo ospita.
La scoperta solleva interrogativi intriganti sulla crescita dei buchi neri supermassicci e sul loro rapporto con le galassie ospitanti nell’universo primordiale. Gli astronomi continuano a indagare se questi giganti cosmici si formino da resti stellari o da materiale collassato direttamente in buchi neri nelle epoche più antiche dell’universo, come spiegato dal professor Zitrin:
È un dilemma comparabile a quello dell’uovo e della gallina in termini astrofisici.
Con la recente individuazione di altri nuclei galattici attivi tramite JWST, gli scienziati sperano di presto arrivare a nuove conclusioni su questi misteri cosmici.