La giornata di domani, mercoledì 21 febbraio 2024, segna il termine di un capitolo significativo nell’osservazione della Terra, con il previsto rientro atmosferico del satellite ERS-2, dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), dopo aver superato di gran lunga la durata della sua missione originale. Grande quanto un autobus scolastico, ERS-2 ha terminato le sue operazioni più di un decennio fa, avendo svolto un ruolo cruciale nello studio del nostro pianeta dallo spazio. Il 21 aprile 1995, con il suo lancio, ERS-2 si è affermato come il primo satellite avanzato dell’ESA dedicato all’osservazione terrestre, segnando l’inizio di una nuova era in questo campo.
Nel corso dei suoi 16 anni di servizio attivo, ERS-2, insieme al suo predecessore ERS-1, ha rappresentato la frontiera della tecnologia spaziale per l’osservazione della Terra. Questi satelliti hanno fornito dati preziosi e senza precedenti riguardanti fenomeni critici come il restringimento dei ghiacci polari, le variazioni del suolo, l’aumento del livello del mare, il riscaldamento degli oceani, la composizione chimica dell’atmosfera e la gestione dei disastri naturali, tra cui alluvioni e terremoti.
L’introduzione di tecnologie rivoluzionarie tramite il programma ERS ha aperto la strada a missioni spaziali future, tra cui Envisat, la serie di satelliti meteorologici MetOp, le missioni scientifiche Earth Explorer e il programma Sentinelle Copernicus. Il contributo di ERS allo studio dei cambiamenti climatici ha avuto un impatto significativo, arricchendo notevolmente la comprensione globale di questi fenomeni e incentivando ulteriori ricerche in questo ambito critico.
Quali rischi per la sicurezza pubblica?
Dopo quasi 13 anni dalla conclusione della sua missione, ERS-2 è gradualmente sceso dalla sua orbita iniziale di circa 560 km di altitudine, avvicinandosi al punto di rientro naturale nell’atmosfera terrestre sotto l’influenza gravitazionale del nostro pianeta. L’ESA ha monitorato attentamente questa fase finale, fornendo aggiornamenti regolari sulle previsioni di rientro. L’ultima comunicazione dall’Ufficio detriti spaziali dell’ESA ha indicato che il satellite dovrebbe disintegrarsi nell’atmosfera terrestre nelle prime ore di domani, con una finestra di incertezza di circa 18 ore.
Con l’approssimarsi del momento del rientro, le previsioni sull’esatta posizione dove i resti del satellite raggiungeranno la Terra diventano più precise. Si prevede che, a un’altezza di circa 80 km dal suolo, il satellite si frammenterà in pezzi più piccoli. La maggior parte di questi frammenti si consumerà completamente durante la fase di rientro a causa dell’elevata temperatura generata dall’attrito con l’atmosfera. Questo processo riduce notevolmente la possibilità che detriti di dimensioni significative raggiungano la superficie della Terra. L’ESA ha inoltre indicato che, nel raro caso in cui alcuni pezzi più resistenti dovessero superare l’atmosfera e avvicinarsi al suolo, la probabilità che questi colpiscano aree popolate è minima, data la vasta estensione di aree disabitate sul pianeta, come gli oceani e le regioni desertiche. Ad ogni modo, l‘agenzia spaziale continua a monitorare la situazione e a fornire aggiornamenti regolari per garantire trasparenza e sicurezza.