Il pianeta più piccolo dell’Universo? Si trova a più di 200 anni luce dalla Terra

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Kepler-37 b
@WIkimedia Commons

A circa 215 anni luce dalla Terra, si trova Kepler 37-b, un pianeta che ridefinisce le nostre concezioni spaziali e si erge come il corpo celeste più minuscolo mai identificato fino ad oggi, eclissando Mercurio in termini di dimensioni, precedentemente considerato il detentore del record nel nostro sistema solare. Scoperto nel 2013 mediante l’impiego del telescopio spaziale Kepler, questo astro rivela dimensioni simili a quelle della nostra Luna, ampliando orizzonti nella comprensione delle meraviglie dell’universo.

L’astrofisico Thomas Barclay, affiliato al Goddard Space Flight Center della NASA e figura chiave nella scoperta, ha descritto Kepler 37-b come un vero e proprio pioniere nello studio dei corpi celesti, capace di sfidare e ampliare le nostre attuali conoscenze astronomiche. La metodologia del transito, impiegata dal telescopio, ha permesso di svelare l’esistenza di questo pianeta roccioso, caratterizzato da un’atmosfera inesistente e da condizioni superficiali estreme, che completa la propria orbita attorno alla stella madre in appena 13,4 giorni terrestri.

Kepler 37-b: un mondo che trascende le convenzioni

Kepler 37-b si distingue non solo per le sue dimensioni ridotte ma anche per la sua conferma come pianeta secondo i criteri dell’Unione Astronomica Internazionale, grazie alla sua orbita attorno a una stella, alla forma sferica data dalla propria gravità e alla capacità di mantenere pulita la propria orbita da detriti spaziali. Questa scoperta segna un punto di svolta nella nostra esplorazione dell’universo, mostrando come l’esplorazione spaziale continui a offrirci rivelazioni su mondi che un tempo potevamo solo immaginare.

Nonostante il telescopio Kepler abbia concluso le sue operazioni nel 2018, la ricerca di nuovi esopianeti non si ferma. La comunità scientifica attende con ansia il lancio del telescopio spaziale Nancy Grace Roman, previsto entro il 2027. Questo avanzato strumento adotterà la tecnica del microlensing per studiare la luce delle stelle distanti, che viene amplificata dalla gravità di corpi celesti intermedi, promettendo così nuove entusiasmanti scoperte nell’inesplorato cosmo.