Il Telescopio Spaziale Hubble ha svelato un fenomeno straordinario nell’universo: l’osservazione di dodici galassie interagenti ha rivelato la presenza di scintillanti diamanti cosmici, formati da giovani ammassi stellari. Gli astronomi, meravigliati da questo spettacolo, lo hanno paragonato a un filo di perle cosmico, dimostrando quanto l’universo possa essere sorprendente nelle sue manifestazioni.
Le galassie a spirale, quando si avvicinano tra loro, sia in collisioni dirette che in incontri ravvicinati, subiscono una trasformazione notevole. La loro struttura a spirale viene distorta a causa delle potenti forze gravitazionali in gioco. Questi incontri celesti generano maree gravitazionali che, strattonando i bracci a spirale, li allungano e formano delle estese code. Queste strutture possono raggiungere lunghezze di decine di migliaia di anni luce e diventano teatro di fenomeni straordinari.
Le code di marea: fucine di nuove stelle
Il processo di distorsione dei bracci a spirale non è soltanto un evento di natura estetica. Questo fenomeno ha implicazioni profonde sulla dinamica interna delle galassie coinvolte. I bracci a spirale, ricchi di gas e polvere, una volta estesi e trasformati in code di marea, subiscono un rimescolamento di questi materiali. Tale processo è cruciale perché può innescare una frenetica attività di formazione stellare, rendendo queste code di marea alcune delle regioni più fertili dell’universo per la nascita di nuove stelle.
La recente ricerca condotta da Michael Rodruck, del Randolph-Macon College in Virginia, USA, ha portato alla luce nuove informazioni su questo fenomeno. Analizzando le immagini fornite dal Hubble di dodici galassie distribuite in sette sistemi interagenti, il team di Rodruck ha identificato ben 425 giovani ma massicci ammassi stellari adornare le code di marea. Ogni ammasso è un concentrato di circa un milione di giovani stelle blu, le quali emettono grandi quantità di luce ultravioletta. Questa scoperta è stata resa possibile grazie anche alle osservazioni d’archivio fornite dal Galaxy Evolution Explorer della NASA e dalla missione Swift, permettendo di calcolare i tassi di formazione stellare in queste galassie.
L’analisi degli spettri di questi ammassi ha rivelato intense linee di emissione, segno distintivo dell’idrogeno gassoso ionizzato dalle radiazioni ultraviolette emesse dalle stelle. Questo ha permesso al team di determinare che gli ammassi sono tutti relativamente giovani, con un’età inferiore ai 10 milioni di anni. La presenza di gas, evidenziata dalle linee di emissione, indica che queste giovani stelle continuano a esercitare un’influenza significativa sulla loro regione, nonostante il processo di dispersione del gas dovuto ai venti stellari e alla radiazione.
La scoperta di tali ammassi stellari giovani nelle code di marea delle galassie interagenti fornisce preziose informazioni sull’efficienza con cui l’universo può formare nuove stelle in condizioni particolari. Questi ammassi, per la loro massa, sono più simili agli antichi ammassi globulari della Via Lattea che ai giovani ammassi stellari tipici della nostra galassia. Ciò solleva interrogativi affascinanti sulla natura della formazione stellare e sulla possibile evoluzione di questi ammassi nel tempo. Riusciranno a mantenersi coesi o si disperderanno nello spazio interstellare? Questi risultati, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, aprono nuove vie di ricerca e confermano il valore inestimabile del Telescopio Spaziale Hubble nell’esplorazione dei misteri dell’universo.