Ganimede, la luna di Giove, ci svela i suoi abissi: viaggio nell’oceano extraterrestre

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Ganymede

Mentre Europa e Enceladus, due lune con oceani sotterranei, hanno catturato l’attenzione generale per il loro potenziale di ospitare vita, Ganymede, un satellite di Giove, è rimasto in ombra. Tuttavia, ora sta emergendo con nuove e intriganti scoperte. Nonostante non siano stati osservati getti di vapore acqueo come nel caso di Enceladus, si pensa che Ganymede nasconda un vasto oceano salato. Le osservazioni del telescopio Hubble suggeriscono che questo oceano, situato sotto uno strato di ghiaccio spesso 150 km, potrebbe estendersi fino a 100 km di profondità, superando di dieci volte la profondità degli oceani terrestri.

Il momento di riconoscimento per Ganymede arriva grazie alla missione Juno della NASA, che ha rilevato la presenza di sali e composti organici sulla sua superficie, probabilmente provenienti da un oceano sottostante. Sebbene le osservazioni di Juno non forniscano prove definitive dell’esistenza di un oceano, rappresentano le evidenze più solide finora di sali e altre sostanze chimiche presenti sulla superficie di Ganymede. La superficie di Ganymede è nota per essere composta di ghiaccio d’acqua.

Il JIRAM (Jovian Infrared Auroral Mapper), uno strumento a bordo di Juno, ha utilizzato la sua visione infrarossa per identificare sostanze che includono sali idratati e ammoniacati, bicarbonato di sodio, silice idratata e potenziali aldeidi alifatiche, che potrebbero concorrere alla formazione di composti organici più complessi. La presenza di sale idratato (cloruro di sodio idratato) potrebbe indicare un oceano salmastro sotto la superficie ghiacciata. Gli scienziati della missione Juno ipotizzano che il sale ammoniacato (cloruro di ammonio) trovato sulla superficie possa essere il risultato dell’accumulo di sostanze sufficientemente fredde da consentire la condensazione dell’ammoniaca durante la formazione di Ganymede. I sali carbonati potrebbero essere residui di ghiacci ricchi di anidride carbonica.

Possibilità di vita su Ganymede?

Gli scienziati hanno osservato che la composizione e la distribuzione spaziale di questi sali e composti organici suggeriscono un’origine endogena, risultante dall’estrazione di salamoie sotterranee la cui chimica riflette l’interazione acqua-roccia all’interno di Ganymede. Se i composti trovati sono effettivamente endogeni, ciò significherebbe che sono emersi dalle profondità di Ganymede, probabilmente trasportati dall’acqua che si è infiltrata attraverso crepe nella superficie, piuttosto che essere espulsi in forma di getti vaporosi come su Enceladus. L’assenza di composti esogeni, come l’acido perossido di idrogeno o l’acido solforico idratato, potrebbe indicare che i composti scoperti provengono da un oceano salmastro.

L’origine precisa dei composti rilevati da JIRAM, se dal profondo interno o strati più superficiali, rimane incerta. Senza prove definitive dell’oceano, gli scienziati della missione Juno riconoscono anche la possibilità che i sali e i composti organici possano avere origine negli strati più superficiali della crosta di Ganymede. Quest’ultima, essendo più spessa rispetto a quella di Europa, renderebbe più difficile per qualsiasi sostanza proveniente da un oceano sotterraneo raggiungere la superficie.

I collegamenti tra le aldeidi alifatiche e l’attività dell’acqua liquida, almeno sulla Terra, sono noti. La scoperta di organici e aldeidi alifatiche su Ganymede solleva domande sulla sua capacità di sostenere la vita. Le aldeidi alifatiche, trovate in alcuni tipi di meteoriti carbonacee cadute sulla Terra, sono precursori di acidi carbossilici e aminoacidi. Tuttavia, nonostante la presenza di composti organici nello spazio sia comune, la loro scoperta su Ganymede continua a stimolare l’immaginazione di coloro che sognano la possibilità di vita extraterrestre.