Fusione nucleare Made in Italy: l’Enea ci spiega il Progetto Iter

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fusione enea

Fusione nucleare. Se ne parla davvero tanto negli ultimi tempi, soprattutto in relazione al “miracolo energetico” promesso da Andrea Rossi e dal suo E-Cat, emigrati ormai in America. Ma anche l’Italia è impegnata in prima persona nella ricerca sulla fusione. Lo scorso 13 dicembre l’Ue ha dato l’ok per un finanziamento di 1,3 miliardi di euro per l’avvio del progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) nel biennio 2011-2013. Di che si tratta? A spiegarcelo è stato l’esperto dell’Enea Angelo Tuccillo, Responsabile del Laboratorio Fisica della Fusione a Confinamento Magnetico, in un’intervista rilasciata a NextMe.

NM: Egregio dott., il progetto Iter sembra essere promettente per il futuro energetico mondiale. Può spiegarci brevemente i vantaggi di queste tecnologia rispetto ad altre nucleari attualmente utilizzate?

AT: Diciamo subito che, per quanto riguardo la ricerca sulla produzione di energia da fusione nucleare, di cui ITER (International Thermonuclear Experiment Reactor) costituirà la punta di diamante, non si tratta di giungere a novità solo di tipo tecnologico ma soprattutto scientifico. ITER infatti dovrà dimostrare la possibilità di accendere un piccolo sole sul nostro pianeta in grado di fornire energia utilizzando come combustibile l’idrogeno (suoi isotopi). Quest’ultimo è un elemento estraibile dall’acqua comune, bene pressoché illimitato, basti pensare al mare. Ne basterebbe un centinaio di litri per produrre l’energia necessaria per l’intera vita di un uomo. Qualche numero di confronto fra possibili centrali elettriche, per 1 GW si consuma (consumerebbe) in un anno:

  1. 3 Milioni di Tonnellate di Carbone

  2. 24 Tonnellate di Ossido di Uranio (circa 1 metro cubo, 3% 235U)

  3. 340 kg di Deuterio-Trizio (isotopi dell’idrogeno)

Con la fusione si renderebbe disponibile, su larga scala, un’energia pulita, sicura ed economicamente competitiva. Ad esempio i consumi di cui sopra producono collateralmente:

  1. 9 milioni di tinnellate di anidride carbonica

  2. 24 tonnellate di combustibile esaurito altamente radioattivo (scorie problema serio) ed attivazione delle strutture della centrale

  3. 340 kg circa di elio, ovvero il gas usato per riempire i palloncini, e ovviamente l’attivazione delle strutture della centrale (problema minore)

Purtroppo la fusione è però un fenomeno naturale che avviene spontaneamente solo nelle condizioni che sussistono in una stella (smisurate forze gravitazionali), ma non sulla terra. Pertanto, finché non saremo arrivati sulla Terra al fuoco della fusione nucleare, non potremo parlare di tecnologia dell’energia da fusione, ma ovviamente possiamo prevederne i problemi associati e per questo ci sono attività finalizzate alla ricerca di soluzioni tecniche per il futuro reattore, soprattutto nel campo dei materiali e della gestione delle grandi energie prodotte dal reattore e dissipate localmente.

D’altra parte, ciò che ha consentito il rapido utilizzo della fissione, utilizzata nelle attuali centrali nucleari, è la circostanza che la reazione a catena, su cui si basa il meccanismo di auto sostenimento controllato necessario per la produzione di energia, è un fenomeno che avviene spontaneamente sulla Terra. Per questo, una volta scoperto il principio, fu relativamente semplice ottenere un rapido sviluppo della tecnologia delle centrali nucleari. È quasi superfluo ricordare che esse utilizzano l’uranio, una fonte non rinnovabile, e producono scorie radioattive che costituiscono un pericolo per molte migliaia di anni. Riassumendo, il vantaggio di un eventuale reattore a fusione consisterebbe nell’utilizzare un combustibile, idrogeno e suoi isotopi, presente nella risorsa di cui maggiormente dispone la terra: l’acqua. I rischi di contaminazione radioattiva sono incomparabilmente inferiori rispetto alle centrali attuali, specie una volta che la tecnologia avrà preso piede indirizzandosi verso l’uso di reazioni di fusione nucleare ancora più attraenti di quella su cui si cimenterà ITER.

NM: Ultimamente la ricerca sul nucleare si è fatta particolarmente intensa, vista la situazione critica per l’energia sul pianeta. Tuttavia esperimenti sulle fusioni nucleari a bassa energia (come l’E-cat di Rossi e Focardi) suscitano ancora dubbi sulla loro efficienza, ma una fusione nucleare classica sembra implicare un costo di ingresso maggiore del ricavato energetico in uscita. Ci può dire quali miglioramenti per questa problematica potrebbe apportare il progetto Iter?

AT: Negli attuali esperimenti sulla fusione termonucleare – o classica come lei dice – il ricavato in termini d’energia non c’è, perché gli esperimenti realizzati finora non sono dei reattori, ma macchine per lo studio del gas d’idrogeno fortemente riscaldato. Il gas viene ionizzato, intrappolato nel vuoto con campi magnetici, fortemente compresso e riscaldato – a temperature di circa cento milioni di gradi – mediante l’immissione di una elevatissima potenza (fasci di particelle neutre e onde a radiofrequenza). Lo scopo è cercare i regimi più utili per aumentare il margine di successo del primo esperimento di reattore a fusione, che è appunto ITER. Ancora una volta, lo sottolineo, si tratta di un esperimento, non di una macchina con finalità di produzione energetica del tipo di un reattore a fissione nucleare sul cui funzionamento si sa abbastanza. L’esperimento mira a individuare la validità concettuale della fusione termonucleare finalizzata alla produzione energetica, ed è prevista solo una modesta produzione di potenza per scopi puramente dimostrativi. Una volta che ITER avrà raggiunto i suoi obiettivi, il primo reattore a fusione che dimostrerà l’effettiva produzione energetica sarà un’altra macchina: DEMO. Non esprimo pareri diretti su esperimenti, come quello da lei citato, che non conosco nei dettagli, ma vorrei ricordare un principio basilare ed irrinunciabile della ricerca scientifica: qualsiasi esperimento per essere riconosciuto ed accettato deve essere RIPRODUCIBILE, non vorrei sembrare polemico nel ricordare l’esperimento di Pons e Fleishman.

NM: In termini pratici, possiamo dire che Fast sarà come un esperimento pilota per l’avvio di Iter? Quale sarà il contributo dell’ENEA alla sua realizzazione?

AT: A me piace pensare a FAST come lo “Sparring Partner” di ITER. Lo scopo della macchina FAST è di semplificare/aiutare la preparazione delle operazioni di ITER e cominciare a studiare soluzioni per DEMO. Grazie alla sua maggiore semplicità e flessibilità, permetterà di individuare e provare scenari di plasma e soluzioni tecniche in tempi e con costi molto più bassi che se fossimo costretti ad affrontare tutto lo sviluppo su ITER stesso. A titolo di esempio:

  • si stima che una scarica di ITER costerà circa 1 milione di euro e richiederà un grosso lavoro di preparazione, una di FAST alcune decine di migliaia di euro, e probabilmente solo qualche ora di preparazione. Se pensiamo che per sviluppare uno scenario servono decine, se non centinaia di scariche.
  • FAST non userà il combustibile nucleare di ITER, cioè la miscela deuterio-trizio, ma solo deuterio, questo ne fa una macchina decisamente meno complicata da gestire, con possibilità di intervento senza problematiche nucleari aggiunte. Inoltre sarà disegnata appositamente per consentire un semplice avvicendamento di parti di prova, soprattutto per quanto riguarda le soluzioni nella zona di smaltimento dell’energia, il cosiddetto “Divertore”, e permetterà la prova di diversi materiali per questi componenti, ivi comprese soluzioni con metalli liquidi

Tutto ciò sarà possibile, e direttamente rilevante per ITER e DEMO, perché, nonostante la sua ridotta complessità, FAST manterrà parametri di assoluto interesse reattoristico e soprattutto studierà i vari aspetti in maniera integrata, cioè simultaneamente, così come avverrà in ITER e DEMO, cosa che nessun esperimento fin’ora realizzato può fare.

Il progetto, o se vogliamo la proposta di esperimento satellite, FAST nasce in ENEA, con il contributo di tutta la comunità scientifica fusionistica Italiana. Come lei sa l’ENEA coordina il programma Fusione Italiano nell’ambito del programma Europeo, oltre al Unità Tecnica Fusione dell’ENEA fanno parte del programma, l’Istituto di Fisica del Plasma del CNR di Milano, il Consorzio RFX di Padova, il Consorzio CREATE fra le università del sud Italia e molte università fra cui il Politecnico di Torino e quello di Milano. È questa comunità, di cira 540 addetti, che costituisce l’Associazione ENEA-Euratom e che sostiene e realizzerà FAST insieme all’industria Italiana estremamente qualificata nel settore come dimostrano le grandi commesse già acquisite nell’ambito della realizzazione di ITER. (l’Italia ha già ottenuto più della metà in valore delle gare emesse per le parti tecniche più importanti di ITER per un importo di circa 600 milioni di euro). Ovviamente la proposta FAST sarà inserita nel programma Europeo e la definizione del suo progetto avverrà con il contributo scientifico dei nostri partner Europei ed internazionali.

NM: Quando si prevede che il reattore Iter potrà essere a regime? Quale vantaggio netto di energia possiamo attenderci?

AT: Si prevede l’inizio delle operazioni di ITER nel 2020-21, con una fase di preparazione in idrogeno o elio, senza cioè l’uso del combustibile finale (deuterio-trizio) che sarà usato nella seconda metà del decennio quando cominceranno ad arrivare i risultati scientifici che ci si attende. Come già detto sopra ITER non produrrà energia usabile, per questo dovremo aspettare i risultati di DEMO e a seguire il reattore. Con un po’ di ottimismo possiamo prevedere questo obiettivo dopo la prima metà del secolo.