Eni inaugura il supercomputer HPC4

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Siamo entrati nel Green Data Center: faccia a faccia con il sistema di supercalcolo più potente al mondo.

Se si chiama Green Data Center un motivo c’è. Il raffreddamento dei calcolatori ospitati nella cittadella di Eni a Ferrera Erbognone (Pv) – dove da gennaio è attivo il potentissimo HPC4 – avviene con la tecnica del free cooling, utilizzando cioè la sola aria prelevata dall’esterno. Inoltre, un impianto fotovoltaico da 1MW genererà energia interamente consumata dal Green Data Center e che andrà a soddisfare oltre il 15% del fabbisogno energetico dell’HPC4. La quantità di CO2 risparmiata all’atmosfera nel triennio 2014-2017 è stata di 18.000 Ton e l’elettricità risparmiata di oltre 50.000 MWh.

In occasione dell’evento “Imagine Energy. Storie di dati, persone e nuovi orizzonti”, Eni ci ha aperto le porte del suo Green Data Center, inaugurato nel 2013. La struttura visivamente ha la forma di 2 trifogli simmetrici: è qui che risiedono tutti i sistemi di calcolo Eni destinati all’informatica gestionale e alle elaborazioni di “simulazione computazionale”. Stiamo parlando del supercomputer HPC (High Performance Computing), grazie al quale i dati sismici vengono elaborati e consentono di simulare i giacimenti di idrocarburi.

La messa in opera del supercalcolatore è soltanto l’ultima in ordine di tempo delle tappe di un processo di digitalizzazione intrapreso ormai da 30 anni. L’approdo al digital ebbe inizio con i primi calcolatori potenti e software proprietari associati al calcolo e al trattamento di enormi quantità di dati (geologici relativi all’esplorazione e alla base delle simulazioni fluido dinamiche in giacimento).

La fase successiva è stata lo sviluppo di algoritmi proprietari nelle attività di esplorazione, riscritti negli anni 2000 ingegnerizzandoli secondo una struttura dell’hardware integrata (CPU+ GPU) che consentisse di superare la logica sequenziale e di lavorare per cluster di calcolo. In questo modo, ogni elaborazione viene scomposta in diversi “job” che vengono poi ricomposti alla fine, permettendo di lavorare in parallelo più velocemente. E poi è arrivato HPC4.

 

hpc4

Entrati nel data center, soprattutto in giornate fredde e piovose come quella di oggi, colpisce immediatamente la temperatura. Ma la mancanza di riscaldamento non è casuale. Il data center è infatti “a temperatura ambientale”. Grazie alla tecnica del free cooling, per raffreddare i computer si utilizza l’aria esterna immessa attraverso camini e purificata dalle polveri; l’aria calda prodotta dai computer compie intanto il perorso inverso e viene quindi espulsa dalla struttura. Non è necessario accendere alcun condizionatore per il 90% del tempo, se non quando, soprattutto nei mesi estivi quando l’aria esterna è troppo calda, deve essere ulteriormente raffreddata.

 

free cooling

HPC4 è il decimo supercomputer più potente al mondo e il primo per potenza di calcolo a livello industriale. Oltre a consentire risparmi energetici notevoli e a presentare sistemi di raffreddamento all’avanguardia, grazie ad HPC4 è possibile elaborare dati in tempi record per ottenere previsioni e modelli in 3D sulla conformazione del sottosuolo, sui movimenti dei fluidi e su tutto ciò che risulta utile per rintracciare accumuli di idrocarburi, quindi per mettere in produzione i giacimenti attraverso il posizionamento di pozzi.

Per intenderci, HPC4 vanta una performance di picco pari a 18,6 Petaflop che, associata a quella del sistema di supercalcolo già operativo (HPC3), porta l’infrastruttura a raggiungere una disponibilità di potenza di picco pari 22,4 Petaflop: stiamo parlando di 22,4 mln di mld di operazioni matematiche svolte in un secondo.

 

operazioni matematiche

L’enorme mole di dati che viene accumulata potrebbe far pensare che la figura del geologo sia ormai passata in secondo piano. Ma così non è, anzi. “Quello che mi ha portato a fare il geologo è stata la bellezza delle rocce”, dice Emiliano Mutti, classe 1933, geologo di fama mondiale e celebre per i suoi studi sulle rocce che contengono idrocarburi. I supercalcolatori non annientano questa visione poetica del mestiere del geologo, che di fatto “è qualcuno che fa storytelling: ricostruisce storie verosimili partendo dalle osservazioni del terreno”. I computer, insomma, non possono sostituire del tutto le competenze umane e le interpretazioni che soltanto l’uomo può trarre dai dati.

Ma un computer come l’HPC4 si rivela cruciale. “Lavorare a 4 mila metri di profondità e non vedere nulla, dovendo ricostruire ciò che non vediamo, richiederebbe miliardi di investimenti”, spiega l’ad Descalzi. La necessità, dunque, è ridefinire dal punto di vista numerico la realtà, ricostruire ciò che si trova nel sottosuolo per minimizzare le incertezze durante la fase di esplorazione.

Ricostruire in maniera puntuale quella “città” che si trova sotto terra consente un’espolorazione più efficace e proficua, con più probabilità di rintracciare giacimenti petroliferi, ma significa anche massimizzare la sicurezza per le persone. Significa “salvare vite e consumare meno energia – aggiunge Descalzi – Tecnologia e fattore umano sono scelte. Eni ha scelto di fare insourcing, puntando sull’uomo e sulle sue competenze”.

Il Green Data Center e Zohr sono l’espressione concreta di questa filosofia e di come l’innovazione possa portare a risultati impossibili da attuare qualche anno fa.

In meno di 2 anni e mezzo Eni ha infatti avviato la produzione del super-giant a gas di Zohr, nel blocco di Shorouk nell’offshore dell’Egitto. Il potenziale è di oltre 850 mld di metri cubi di gas in posto (circa 5,5 mld di barili di olio equivalente) e colpiscono le tempistiche di attivazione: Zohr, scoperto ad agosto 2015 e ottenuto l’autorizzazione all’investimento dopo soli 6 mesi nel febbraio del 2016, rappresenta la più grande scoperta di gas mai effettuata in Egitto e nel Mar Mediterraneo e sarà in grado di soddisfare parte della domanda egiziana di gas naturale per i prossimi decenni.

“Non bisogna avere paura del progresso. Siamo in una situazione di saturazione, servono anomalie, orizzonti nuovi e discipline nuove. Ma per fare ciò bisogna vincere la paura del cambiamento e la pigrizia”, conclude Decalzi.

 

progresso

In collaborazione con Eni