Non più di 2,5 sono i metri che separano il rover della Nasa Curiosity dal suo primo bersaglio sulla superficie del pianeta rosso. Si tratta di una roccia, grande quanto un pallone da calcio e su di essa verrà condotto il primo test del trapano montato sul braccio del robot-laboratorio.
La roccia si trova a metà strada tra il sito dell’atterraggio di Curiosity, avvenuto il 6 agosto scorso, e il luogo verso il quale il rover è diretto. Si chiama Glenelg il luogo obiettivo degli spostamenti del laboratorio ed è lì che, per la prima volta, il braccio robotico verrà utilizzato per la prima volta. “Questo robot è stato costruito per vagare e il team sta procedendo ad un buon ritmo di marcia giorno dopo giorno quando questa è la priorità“, dichiara Richard Cook, il manager del Mars Science Laboratory Project del Jet Propulsion Laboratory della Nasa di Pasadena, in California.
Nei prossimi giorni, gli scienziati che seguono le prodezze del rover prevedono di toccare la roccia con uno spettrometro, mentre spetterà alla fotocamera di bordo scattare le prime immagini. Entrambi gli strumenti saranno d’aiuto agli esperti nel determinare la composizione della roccia.
La roccia, ad ogni buon conto, ha già un nome. Si chiama Jake Matijevic in onore dell’ingegnere dell’agenzia spaziale americana scomparso il mese scorso, a capo delle operazioni di superficie del Mars Science Laboratory. Per raggiungerla, raccontano gli scienziati, Curiosity ha viaggiato per ben sei giorni ad una distanza di percorrenza tra i 22 e i 37 metri. Una volta giunto in prossimità, saranno i ricercatori a decidere su quale roccia puntare il trapano del MSLab. Solamente in seguito, ossia in laboratorio, si analizzeranno i campioni polverizzati di roccia.
La scelta su Glenelg non è stata casuale. Su questa zona, infatti, si intersecano tre tipi di terreno. Tonalità chiare, scure e numerosi crateri fanno da cornice a questo luogo rispetto a quelli incontrati durante il tragitto. In particolare, l’interesse si concentra sul terreno dalle tonalità più chiare poiché, trattenendo il calore delle ore diurne, suggerisce una composizione insolita.
L’occhio indiscreto degli scienziati è la MastCamera montata sul rover. È attraverso di essa che è possibile perlustrare la superficie marziana. Sono ormai note le immagini che giungono dal pianeta grazie a questo tecnologico strumento. Ma non solo. Proprio di recente, MastCam è stata addirittura puntata verso l’alto. Bella mostra di sé hanno fatto le due lune di Marte, Phobos e Deimos, mentre incontravano il Sole. Di interesse scientifico è lo studio delle variazioni delle orbite dei due satelliti marziani.