Cosa si intende con colesterolo “cattivo” e colesterolo “buono”?

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colesterolo

È molto comune quando si trattano tematiche quali la prevenzione e lo stile di vita, sentir parlar di colesterolo alto, colesterolo “cattivo” e colesterolo “buono”. Pur non essendo locuzioni strettamente tecniche, esse sono utilizzate comunemente anche dagli addetti ai lavori poiché esprimono efficacemente determinati concetti.

Dal momento che si tratta di un argomento che riguarda la nostra salute è importante cercare di capire a cosa si fa riferimento quando si utilizzano dette espressioni.

I tipi di colesterolo

Al termine colesterolo si dà spesso una valenza negativa; in realtà si tratta di una sostanza grassa fondamentale per il corretto funzionamento del nostro organismo; è infatti coinvolto nella sintesi di vitamina D, sali biliari, ormoni steroidei (cortisolo, estradiolo, progesterone, testosterone ecc.). È inoltre un componente fondamentale delle membrane cellulari e ne regola permeabilità e fluidità.

Esistono due tipi di colesterolo, quello LDL (ovvero legato alle lipoproteine a bassa densità) e quello HDL (legato alle proteine ad alta densità), rispettivamente noti come colesterolo cattivo e colesterolo buono.

Il colesterolo “cattivo”

Le lipoproteine LDL hanno il compito di trasportare il colesterolo nel circolo sanguigno e cederlo ai vari tessuti corporei; quelle HDL hanno invece la funzione di rimuovere il colesterolo presente in eccesso nel plasma sanguigno.

Il colesterolo LDL, che comunque ha un compito importante, è definito “cattivo” perché se presente in eccesso finisce per depositarsi sulle pareti dei vasi sanguigni formando le cosiddette placche aterosclerotiche, fattore di rischio importante per lo sviluppo di malattie cerebro-vascolari come la cardiopatia ischemica, l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale, malattie molto gravi che possono causare la morte o una condizione più o meno grave di invalidità.

È auspicabile che i livelli ematici di questa sostanza non superino i 100 mg/dl (come da linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, ISS).

Il colesterolo “buono”

Colesterolo buono è la popolare definizione con cui si indica il colesterolo HDL; usando un’efficace metafora, lo si indica anche come “spazzino delle arterie” poiché contribuisce a eliminare una buona parte del colesterolo LDL presente nel circolo sanguigno. Data questa sua funzione positiva, è auspicabile che i suoi livelli ematici non siano inferiori ai 50 mg/dl (anche questo è un valore suggerito dall’ISS).

Il colesterolo alto

Quando il colesterolo totale (ovvero la somma di colesterolo LDL, colesterolo HDL e di un quinto dei trigliceridi) supera il valore di 240 mg/dl si parla di ipercolesterolemia o, più popolarmente, di colesterolo alto, una condizione che, come accennato, rappresenta un fattore di rischio importante per lo sviluppo di malattie cerebro-cardiovascolari.

Il dato deve però essere correttamente interpretato; va infatti considerato anche l’indice di rischio cardiovascolare che è dato dal rapporto tra colesterolo totale e HDL; tale indice è accettabile se risulta inferiore a 5 nell’uomo e a 4,5 nella donna.

In sostanza, è migliore la situazione di un uomo con colesterolo totale pari a 270 mg/dl e colesterolo HDL pari a 80 mg/dl (indice di rischio pari a 3,375) rispetto a quella di un uomo con colesterolo totale pari a 240 mg/dl e colesterolo HDL pari a 40 mg/dl (indice di rischio pari a 6).

Fermo restando che si deve tendere sempre a rimanere entro i limiti dei range di normalità, è fondamentale capire l’importanza delle diverse funzioni e dei diversi ruoli delle due diverse tipologie di colesterolo.