Clonazione umana: a che punto siamo?

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clonazione umana

Quando si parla di clonazione umana, bisogna distinguere fra quella finalizzata alla riproduzione di un individuo, e quella che mira ad ottenere cellule staminali embrionali da utilizzare nella ricerca o nelle terapie. Il metodo è sostanzialmente lo stesso, ma lo scopo e le implicazioni etiche sono profondamente differenti.

Il mondo scientifico, comunque, consapevole delle problematiche etiche e morali che questi esperimenti comportano, ha trovato nuove strade per reperire le cellule staminali. Per adesso ci sono tre alternative: prelevarle dal midollo osseo degli adulti, dal sangue placentare, o attraverso il ringiovanimento di cellule adulte.

Il procedimento per clonare l’uomo, non è diverso da quello utilizzato per Dolly, la celebre pecora nata nel 1996 (ma la notizia è stata data nel 1997) in Scozia, presso il Roslin Institute. La tecnica è chiamata “Somatic cell nuclear transfer” (trasferimento del nucleo delle cellule somatiche).

Il nucleo di un ovocita (che contiene il materiale genetico), viene tolto e sostituito con il nucleo di una cellula somatica di un individuo adulto. In sostanza si toglie il DNA da un ovulo di donna , e si sostituisce con quello di un altro individuo. L’ovocita così “modificato”viene stimolato per indurlo a dividersi. La divisione continua poi spontaneamente per mitosi. Quando le cellule formano una sfera cava, chiamata blastocisti, si procede con l’impianto nell’utero, per proseguire lo sviluppo e giungere al parto e alla nascita. Invece, se la clonazione è finalizzata alla creazione di cellule staminali, la blastocisti viene trasformata in un tessuto di coltura.

Di là da ogni considerazione etica e morale, la comunità scientifica ritiene che, allo stato delle nostre conoscenze, la clonazione sia troppo pericolosa. Ogni tentativo di clonazione animale ha avuto, come risultato un embrione deformato o un aborto. La pecora Dolly, ad esempio, è stata la sola nata di 277 tentativi. E molti ritengono che fosse affetta da invecchiamento precoce.

Per John Kilner, presidente del Centro per la Bioetica e la Dignità Umana degli Stati Uniti, le ricerche pubblicate dimostrano che la morte o la mutilazione del clone sono i risultati più probabili.

Nonostante queste preoccupazioni, alcuni scienziati, percorrono la strada della clonazione umana.

Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera del 3 marzo 2009, il ginecologo Severino Antinori, in un’intervista rilasciata al settimanale Oggi, avrebbe detto: “Ho contribuito a far nascere con la tecnica della clonazione umana per fini riproduttivi tre bambini. Sono due maschietti e una femminuccia che oggi hanno 9 anni. Sono nati sanissimi e attualmente godono di ottima salute”. Gli interventi sarebbero avvenuti in alcuni, non meglio precisati, Paesi dell’Est europeo.

Antinori sostiene, di aver realizzato “un miglioramento della tecnica adottata dallo staff di Ian Wilmut, il genetista scozzese che ha clonato la pecora Dolly”.

Severino Antinori, comunque, non è l’unico. Secondo una notizia riportata dal quotidiano inglese The Independent il 22 aprile 2009, il medico americano di origine greco – cipriota, Panayotis Zavos ha annunciato di aver eseguito la clonazione umana. L’operazione sarebbe avvenuta in Medio Oriente, dove queste pratiche non sono bandite, ma non avrebbe avuto esito positivo. Il medico, tuttavia, è convinto che presto riuscirà nell’impresa.

Oltre al timore di creare un essere con gravi malformazioni, la clonazione umana spaventa perché potrebbe, con l’ausilio della genetica e delle biotecnologie, essere utilizzata per finalità eugenetiche, ossia per il perfezionamento della razza umana.

Quando la scienza e la tecnologia prospettano nuove possibilità, è naturale che si tenti di realizzarle. Ma, nel caso della clonazione, le conseguenze pongono degli interrogativi cui la scienza non può rispondere da sola. Il dibattito deve estendersi anche agli aspetti etici, morali e religiosi. Sono in gioco la natura, l’essenza e lo scopo del genere umano.