C’è vita dopo la morte? Gli scienziati scoprono un’attività sorprendente nel cervello morente

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@pixabay

Uno studio innovativo, condotto oltre un decennio fa, ha evidenziato un’intensa attività elettrica nel cervello immediatamente dopo la morte clinica. Jimo Borjigin, professore di neurologia all’Università del Michigan e autore principale dello studio, ha sottolineato l’importanza di queste scoperte come fondamento per future ricerche volte a esplorare le esperienze mentali che si verificano durante la morte, inclusa la percezione di luce spesso riportata durante gli arresti cardiaci.

Il 2022 ha visto la pubblicazione di uno studio che ha utilizzato l’elettroencefalogramma (EEG) per osservare le onde cerebrali di un ottantasettenne deceduto per infarto, mostrando attività fino a quindici minuti dopo la morte. I risultati hanno rivelato un incremento nelle oscillazioni gamma, cruciali per la connettività tra le regioni del cervello e importanti per la percezione, memoria ed emozioni.

Gli scienziati hanno descritto questo come il primo caso di registrazione continua dell’EEG durante la transizione verso la morte, evidenziando un calo dell’attività theta a fronte di un aumento dell’attività gamma. Questi risultati offrono nuove prospettive sulla possibile persistenza della coscienza post-mortem.

Il caso di Patient One e le implicazioni future

Nel 2014, una giovane donna incinta è diventata nota come Patient One dopo la rimozione del supporto vitale. La sua storia è stata seguita da vicino, contribuendo a una più ampia comprensione delle esperienze di pre-morte. Borjigin ha espresso ottimismo riguardo ai futuri sviluppi in questo campo, indicando che i dati attuali rappresentano solo “la punta dell’iceberg”. Charlotte Martial, neuroscienziata all’Università di Liegi, ha enfatizzato l’importanza di riconsiderare le nostre attuali definizioni di coscienza e reattività, proponendo una revisione radicale degli stati considerati inconsci.

Recenti ricerche del 2023 hanno ulteriormente esplorato l’attività cerebrale al momento della morte, registrando un aumento nell’attività delle onde gamma in due pazienti deceduti per arresto cardiaco. Nonostante le limitazioni dovute alla piccola dimensione del campione, questi studi suggeriscono che tali firme neurali potrebbero indicare una forma di coscienza non riconosciuta durante gli ultimi momenti di vita. Le implicazioni di queste scoperte sono vastamente significative, sebbene debbano essere interpretate con cautela a causa dell’impossibilità di confermare le esperienze dei pazienti coinvolti.