Apollo 11, sbarco sulla Luna: l’intervista ad Edwin Aldrin. “Tutto falso”

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È il 16 luglio 1969. Un razzo Saturn V decolla dal Kennedy Space Center. Dodici minuti dopo l’Apollo 11 è in orbita. Di li a 4 giorni Neil Armstrong avrebbe pronunciato le storiche parole che tutti ricordiamo: “Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”.

Dello storico equipaggio facevano parte, oltre a Neil Armstrong, Michael Collins (nato a Roma classe 1930) e Edwin ‘BUZZ’ Aldrin (si, il personaggio del noto film d’animazione Toy story, Buzz Ligth year è proprio ispirato a lui, anche nell’aspetto).

Ed è proprio quest’ultimo il protagonista di un’intervista curiosa, quanto enigmatica, che ripropone le ombre della ormai nota Teoria del complotto lunare. Quella che critica l’allunaggio come un falso, frutto di una cospirazione organizzata dalla Nasa assieme al governo degli Stati Uniti, nonostante oggi sia a disposizione una enorme mole di dati scientifici e tecnici, materiale riportato sulla Terra, video, audio e fotografico, che testimoniano l’esplorazione del satellite da parte dell’uomo.

Ebbene, questa volta Aldrin si ritrova davanti un giornalista che gli presenta uno strano video. Dalle immagini la dimostrazione che i tre astronauti non sono mai atterrati sulla Luna. L’accusa riguarda una sorta di ‘montaggio’ realizzato dagli uomini di bordo durante il viaggio. Un amatoriale stratagemma che avrebbe fatto credere all’opinione pubblica di stare a metà strada, tra la Terra e la Luna, mentre l’Apollo 11, invece, era solo a pochi chilometri di distanza dal nostro pianeta e pertanto non avrebbe mai raggiunto il satellite.

“Cosa vorrebbe dire che non siamo mai andati sulla Luna?”, replica Aldrin al j’accuse del reporter. “Io, come si vede da questa registrazione, ho la certezza assoluta che non siete andati”. L’ex astronauta si alza dalla sedia, vuole lasciare l’aula e interrompere l’intervista, che definisce “giornalismo meschino”. Dopo di che chiede di “spegnere la telecamera”. E infine: “Lei sta parlando con la persona sbagliata, perché non si rivolge al capo della Nasa? Noi siamo passeggeri, siamo gente sbattuta su un volo.

Il falso dell’allunaggio è un tema battuto da decenni. Secondo i sostenitori gli americani avrebbero avuto almeno due ottimi motivi per mettere in scena la performance. Fino al 1969, infatti, l’Urss era avanti nella ricerca aereo-spaziale. Lanciò in orbita il primo satellite, lo Sputnik, nel 1951.

Poi il primo uomo nello spazio, 1961, il mitologico Jurij Gagarin (una curiosità: Gagarin, prima di entrare nella capsula della Vostok 1, si fermò a fare pipì sulla ruota di un pullman. Da allora tutti gli astronauti in partenza per lo spazio ripetono il gesto per scaramanzia, oltre che per necessità), e probabilmente avrebbe di li a poco raggiunto la superficie del satellite.

Così, alla Nasa serviva qualcosa di veramente sensazionale, in primis per giustificare i 30 miliardi di dollari di finanziamento. Tuttavia, più ci si accosta all’argomento e più si viene allontanati dalle certezze.

Ad esempio, leggendo le specifiche del computer di bordo dell’Apollo 11 si rimane un po’ sbalorditi: basato su una unità di calcolo da 2 MHz di velocità di clock, di 2 Kwords di memoria RAM e di una trentina abbondante di Kwords di memoria ROM. Quest’ultima conteneva, principalmente, dati e programmi. L’AGC era multitasking, essendo in grado di eseguire fino a 8 programmi contemporaneamente.

Agganciare un modulo in orbita, sganciarsi, atterrare e ripartire per riagganciarsi con l’AGC deve essere stato sicuramente un’impresa. Ma, spesso, piace pensare che solo i grandi uomini riescano a compiere grandi imprese.